La nuova governance delle imprese familiari e delle Pmi e il ruolo del consigliere indipendente: intervista a Francesco Zanotto, "Corriere Imprese", 20 maggio 2024.

Temi e Contributi
28/05/2024

Francesco Zanotto, commercialista partner di Cortellazzo&Soatto, possiede una lunga esperienza nei processi di accompagnamento allo sviluppo delle imprese attraverso operazioni di riassetto della governance, pianificazione fiscale e operazioni di M&A. Inoltre, ricopre il ruolo di sindaco e di consigliere indipendente in alcune imprese.

Da dove nasce oggi per le aziende la necessità (e la relativa consapevolezza) di "aprire" la governance a figure ed esperienze esterne alla proprietà? 
«Il tessuto imprenditoriale italiano, e in primis quello veneto, è caratterizzato prevalentemente da PMI, che se da un lato si connotano per una maggiore flessibilità nel cogliere le opportunità dei cicli economici, spesso registrano punti di debolezza strutturale a livello organizzativo, finanziario e non ultimo di competenze, essenziali per accompagnare anche percorsi di sviluppo e di passaggio generazionale. Quanto accaduto negli scenari economici mondiali negli ultimi quindici anni sino ad arrivare agli eventi pandemici e poi alle più recenti tensioni geopolitiche, hanno messo a nudo una volta di più la necessità di investire nelle competenze per saper leggere i nuovi scenari e assumere decisioni consapevoli sotto il profilo dello sviluppo strategico. Ed è proprio questo il fondamentale bagaglio che una governance "aperta" porta con sé».

Quale connessione tra una governance aperta e un management evoluto?
«Sono due dimensioni che devono agire integrandosi e in stretta sinergia: la prima esplica tutte le sue potenzialità nella misura in cui in azienda ci sono manager che funzionano. Molteplici esperienze ci dicono come questo connubio sia decisivo soprattutto in percorsi di forte crescita dimensionale dell'impresa, magari avvenuti attraverso operazioni di aggregazione e/o di acquisizione. Situazioni nelle quali serve definire e accompagnare un processo di potenziamento del management e della struttura dei controlli, anche dall'interno. Le imprese fortemente managerializzate, infatti, hanno in genere già avviato un percorso culturale in tale direzione, e il passo verso l'apertura della governance è in questi casi più breve e veloce. In altri contesti la figura dell'amministratore indipendente è risultata strategica nell'avvio di percorsi di gestione di passaggi generazionali, come pure di apertura del capitale».

Qual è il contributo che le imprese del nostro territorio e le Pmi in particolare si aspettano da un consigliere indipendente e quali sono in particolare le skill di cui c'è bisogno?
«Le esigenze possono essere molto diverse e dipendono dalla "fase" che l'impresa sta vivendo e dal percorso intrapreso. Nella figura dell'amministratore indipendente si possono ricercare spiccate competenze tecniche da apportare in azienda in funzione degli obiettivi prefissati, legati allo sviluppo del business, come pure particolari doti di equilibrio ed empatia rispetto a una determinata composizione dell'azionariato o nella prospettiva di un cambio generazionale. L'indipendenza, coniugata con specifiche conoscenze professionali in funzione della struttura e delle attività dell'impresa, favorisce il confronto e il dibattito nell'ambito di operazioni o percorsi complessi, contribuendo quindi ad assicurare trasparenza e a conferire maggiore solidità ai processi decisionali, in una prospettiva di medio/lungo periodo. Per questo motivo la presenza di amministratori indipendenti nell’organo di gestione qualifica la Corporate Governance, anche agli occhi degli stakeholder».

Anche dalla sua esperienza diretta, come si gestisce il rapporto tra consigliere indipendente e imprenditore e il management aziendale, in modo che l'impresa ne tragga un contributo positivo?    
«L'importanza dell'amministratore indipendente è tendenzialmente radicata in una visione il più possibile autonoma e neutrale di una determinata fase operativa. Suo compito è di rappresentare all'imprenditore o al management aziendale tutte le possibili ricadute di una determinata scelta od opportunità. Il vero valore aggiunto è il confronto e il supporto nell'affrontare un problema sotto molteplici aspetti. Ciò contribuisce a sviluppare una governance evoluta in grado di agevolare e ottimizzare le scelte imprenditoriali. Spesso si mettono in campo anche doti "personali" come la ponderatezza, l'empatia e il senso critico che, all'interno di un ruolo di neutralità e garanzia, come è quello dell'amministratore indipendente, prevengono e addirittura inibiscono dinamiche negative e possibili conflitti interni tra azionisti o manager, a maggior ragione nelle frequenti situazioni di sovrapposizione tra proprietà e governance tipiche delle nostre Pmi».