Lo status, la qualità ed il luogo di stabilimento del committente nel Regolamento IVA 282/2011

Temi e Contributi
15/12/2011

Con il Regolamento di esecuzione (U.E.) n. 282/2011 del 15 marzo 2011 sono state approvate le disposizioni di applicazione uniforme della direttiva 2006/112/CE con l’obiettivo di eliminare le difformità di interpretazione tra gli Stati membri in materia di soggetti passivi, cessioni di beni e prestazioni di servizi, luogo delle operazioni imponibili. Tali disposizioni di applicazione sono vincolanti in ciascuno dei paesi della Comunità a decorrere, ad eccezione di particolari ipotesi, dal 1 luglio 2011 e non compromettono la validità della legislazione e dell’interpretazione precedentemente adottate dagli Stati membri.

Il precedente Regolamento 1777/2005 (che armonizzava l’applicazione della direttiva 77/388/CEE) viene contestualmente abrogato ed i relativi riferimenti si intendono fatti al nuovo regolamento, sulla base di apposita tavola di concordanza.

Nel presente contributo si ripercorrono le disposizioni rilevanti in tema di status, la qualità ed il luogo di stabilimento del committente confrontando il testo comunitario con il dettato normativo nazionale.

L’adozione del regolamento di esecuzione 282/2011 si è reso necessario, in particolare, a seguito delle modifiche, con decorrenza 1 gennaio 2010, agli artt. 44 e 45 della Direttiva 2006/112/CE in base ai quali le prestazioni di servizi generici rese da soggetti passivi di imposta a favore di altri soggetti passivi sono imponibili nel Paese in cui il committente ha fissato la sede della propria attività economica, mentre le prestazioni di servizi rese a committenti non soggetti passivi di imposta, in via di principio, devono essere considerati imponibili nel Paese in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica.

Come noto, tali disposizioni sono state recepite nell’ordinamento italiano con l’introduzione degli artt. 7-ter, 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies, 7-septies del DPR 633/72. In particolare, l’art. 7-ter prevede che le prestazioni di servizi generici si considerino effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato (B2B) o a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi  stabiliti  nel territorio dello Stato (B2C).

Con l’entrata in vigore della recente disciplina in materia di territorialità delle prestazioni di servizi risulta pertanto fondamentale individuare precisamente lo status e la qualità del destinatario della prestazione, nonché il luogo di stabilimento del committente (rapporti B2B) ovvero del prestatore (rapporti B2C).

Status del soggetto passivo
L’art. 7-ter, comma 2, del DPR 633/72, ai soli fini dell’applicazione delle regole di territorialità, riconosce come soggetti passivi:

  • gli esercenti attività di impresa, arte e professioni. Le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell’esercizio di tali attività (*);
  • gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all’art. 4, quarto comma, del DPR 633/72 anche quando agiscono al di fuori delle attività commerciali o agricole;
  • gli enti, associazioni e altre organizzazioni che non svolgono attività commerciali o agricole, se identificati ai fini IVA.

(*) Diversamente da quanto si può rilevare dal dato letterale del dettato normativo trasposto in ambito domestico, l’art. 44 della Direttiva 112/2006 richiederebbe che tutti i soggetti passivi - e non soltanto le persone fisiche di cui alla citata lettera a) del comma 2 dell’art. 7-ter del DPR 633/72 – agiscano “in quanto tali” per poter localizzazione la prestazione di servizi nel luogo di stabilimento del committente.

Per chiarezza nell’individuazione del territorio rilevante, l’art. 17 del Regolamento ha previsto che lo status di soggetto passivo sia verificata sulla base degli artt. da 9 a 13  e dell’art. 43 della Direttiva 112/2006, recepiti nel nostro ordinamento dagli artt. 4, e 5, DPR 633/72, oltre che dall’art. 7-ter, co. 2 stesso. Pertanto lo status di soggetto passivo viene riconosciuto a tutti i committenti che svolgono un’attività economica e agli enti non commerciali stabiliti nella Comunità che si sono identificati ai fini IVA per assolvere nel paese di stabilimento l’imposta relativa agli acquisti IntraCee.

La verifica dello Status di soggetto passivo del committente
Con riferimento agli elementi giustificativi che il prestatore deve ottenere dal committente per identificarlo quale soggetto passivo, il regolamento distingue tra soggetti comunitari e soggetti stabiliti al di fuori della Comunità.

Secondo l’art. 18, par. 1, del Regolamento, infatti, il prestatore - salvo che disponga di informazioni contrarie - può considerare che un committente stabilito nella Comunità sia soggetto passivo nei seguenti casi:

  • quando abbia ricevuto indicazione dallo stesso committente del numero identificativo IVA, e attraverso il sistema VIES, abbia direttamente ottenuto conferma della validità di tale numero comunicato, del nome e dell’indirizzo corrispondenti; 
  • in alternativa, qualora non abbia ricevuto indicazioni dal committente o il committente abbia comunicato di non aver ancora ricevuto il numero identificativo IVA da parte dello stato membro di appartenenza, avendone già fatto richiesta, quando abbia ottenuto una qualsiasi altra prova attestante che quel committente è un soggetto passivo o una persona giuridica non soggetto passivo tenuta all’identificazione, ed effettuato una verifica “di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornitegli applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento”.

In ipotesi di committente extracomunitario, il successivo par. 3 dell’art. 18, del Regolamento stabilisce invece acquisizioni di prove più complesse da ottenere. In questi casi il prestatore può ritenere che la controparte abbia lo status di soggetto passivo solo se:

  • ottiene dal destinatario il certificato rilasciato dalle competenti autorità fiscali, attestante che questi svolge un’attività che gli da diritto di ottenere il rimborso dell’IVA a norma della direttiva 86/560/CEE (disciplina che l’Italia, attualmente, ha previsto solo con Svizzera, Norvegia ed Israele);
  • ovvero, se il committente non è in possesso di tale certificato, qualora disponga del numero identificativo IVA  o di un numero analogo attribuito al destinatario dal Paese in cui questi è stabilito ed utilizzato per identificare le imprese, o di qualsiasi altra prova attestante che il destinatario del servizio è  un soggetto passivo; in questa casistica il prestatore ha l’onere di effettuare una verifica “di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento”.

Se dall’esperimento di queste indagini il prestatore non riuscisse a raccogliere la prova dello status di soggetto passivo del committente, il rapporto non potrebbe che essere considerato che di tipo B2C. Infatti, quale disposizione comune per i criteri di individuazione della localizzazione delle prestazioni di servizi, l’art. 25 del Regolamento sancisce che si deve tener conto esclusivamente delle circostanze esistenti al momento del fatto generatore dell’imposta, purché non sussista alcuna pratica abusiva.

La qualità del committente
Come sopra anticipato, ai sensi dell’art. 44 della Direttiva 112/2006 i servizi prestati, per essere rilevanti nel paese del committente, devono inoltre riferirsi ad un soggetto passivo che a tutti gli effetti agisce in quanto tale. A riguardo si evidenzia che la previsione de qua non è allineata al dato letterale della normativa nazionale, ai sensi della quale sembrerebbe che la verifica sulla qualità del committente risulti circoscritta alle sole persone fisiche esercenti attività economiche (art. 7-ter, comma 2, lett. a), del DPR 633/72); si ritiene che sul punto la normativa comunitaria dovrebbe prevalere e che dunque la disciplina domestica debba essere interpretata nel senso di considerare rilevante la qualità del committente che rivesta la forma anche di persona giuridica.

Al prestatore, pertanto, è attribuito l’onere di rilevare, al momento dell’operazione, anche la veste con cui il soggetto passivo richiede il servizio.

Sull’argomento l’art. 19 del Regolamento precisa, in primo luogo, che un committente con lo status di soggetto passivo che riceve servizi destinati ad uso esclusivamente privato, ivi compreso l’uso da parte dei suoi dipendenti, deve essere trattato come soggetto non passivo mentre, in ipotesi di utilizzo promiscuo della prestazione, al fine di evitare che vi siano più luoghi imponibili, il servizio si intende integralmente effettuato ad un soggetto passivo, purché non sussista alcuna pratica abusiva.

In chiave semplificatrice, sempre nell’art. 19 del Regolamento viene stabilito che, a meno di non disporre di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che le prestazioni sono destinate all’attività economica del committente se, per tale operazione, il committente medesimo ha comunicato il proprio numero di partita IVA. Si sottolinea sul punto come “le informazioni contrarie” che possono essere nella disponibilità del prestatore, per espressa previsione del Regolamento, possono essere tratte anche dalla natura dei servizi forniti; ciò comporta, ad esempio, che il prestatore dovrà sempre considerare come rapporti B2C e applicare l’imposta in tutti quelle prestazioni da lui rese e oggettivamente suscettibili di esclusivo utilizzo privato, (es. una consulenza matrimoniale chiesta ad un legale italiano da una imprenditore spagnolo).

La sede ed il luogo delle operazioni imponibili
I noti articoli 44 e 45 della Direttiva 112/2006 attribuiscono rilevanza al luogo dove è posta la sede dell’attività economica del soggetto passivo o in mancanza, tralasciando il caso delle stabili organizzazioni, al luogo del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo in questione.

Con riferimento, in particolare, ai soggetti passivi persone giuridiche, al fine di garantire l’applicazione uniforme delle norme relative al luogo delle operazioni imponibili, nell’art. 10 del Regolamento 282 viene data, per la prima volta a livello comunitario, la definizione di sede dell’attività economica quale “luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa”, individuabile in base al luogo in cui sono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa, al luogo della sede legale e al luogo in cui si riunisce la direzione.

Qualora tali criteri non consentano di determinare con certezza il luogo della sede dell’attività economica, il par. 2 dell’art. 10 Regolamento 282 prevede che prevalga il criterio sostanziale del luogo dove sono assunte le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa. La normativa interna di cui all’art. 7, lettera d), DPR 633/72 sancisce che per stabilire se soggetti diversi dalle persone fisiche siano stabiliti nel territorio dello Stato è necessario individuare il luogo del domicilio o della residenza, intendendo per domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e per residenza il luogo in cui si trova la sede effettiva.

Secondo il parere dell’Amministrazione finanziaria, fornito tramite la C.M. 37/E del 27 luglio 2011, il luogo individuato dal Regolamento coincide, in linea generale, con quello della sede legale, a meno che non emergano elementi in senso contrario.

Si evidenzia infine che, come per lo status e la qualità del committente, anche per determinare il luogo di stabilimento il prestatore è tenuto a verificare l’esattezza delle informazioni ottenute dal destinatario, “applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento”.

a cura di: 

dott. Andrea Stropparo

pubblicato su:

C&S Informa, volume 12, numero 8 anno 2011