L’Imposta sul valore Aggiunto è neutra nei passaggi che “precedono” l’arrivo dei beni o dei servizi al consumatore finale. O meglio, dovrebbe essere neutra. Esiste perlomeno un intero settore di attività, per inciso in questo momento storico particolarmente provato dalla perdurante crisi economica, che “è costretto” a smentire l’affermazione di cui sopra, subendone al contempo tutte le conseguenze: quello dei rivenditori di auto usate.
La detrazione dell’imposta sul valore aggiunto relativa all’acquisto di autovetture ha sempre costituito un aspetto alquanto problematico per il sistema tributario italiano, tanto che per decenni la detrazione dell’imposta è stata del tutto negata. Ricordiamo tutti come il Legislatore abbia disposto una prima “apertura” (stante l’assoluto contrasto della norma interna rispetto alla direttiva comunitaria) che ha consentito la detrazione dell’imposta in questione nella misura del 10% (Legge n. 388 del 2000), poi elevata al 15% (dal primo gennaio 2006), fino a dover precipitosamente intervenire in misura più radicale con la “rivoluzione” apportata dalla Legge 24 dicembre 2007 n. 244. L’intervento normativo da ultimo citato è giunto sulla scia della famosa decisione della Corte di Giustizia resa nella causa C 228-05, depositata il 16 settembre 2006 (Sentenza Staradasfalti), cui ha fatto seguito la decisione n. 2007/441/CE del 18 giugno 2007, con cui il Consiglio dell'Unione Europea ha autorizzato l'Italia "a limitare al 40 per cento il diritto a detrarre l'IVA sulle spese relative ai veicoli stradali a motore non interamente utilizzati a fini professionali.”
Dal primo gennaio 2008, pertanto, il sistema della detrazione IVA relativa all’acquisto e rivendita di autovetture si poggia sul presunto equilibrio normativo disposto dai due seguenti articoli del DPR 633 del 1972:
Pertanto, come noto nel caso in cui un’impresa o un professionista acquisti un’autovettura è legittimato a detrarre il solo 40% dell’imposta. Al momento della rivendita, assoggetterà ad IVA il solo 40% del corrispettivo, risultando fuori campo il 60% dello stesso.
Fin qui, la simmetria e razionalità del sistema è riscontrabile. Ciò che, al contrario, non funziona, sono i passaggi successivi ed è quindi agevole capire come il settore che ne faccia particolarmente le spese sia quello della rivendita di autovetture usate.
Il problema nasce dall’interpretazione ministeriale data con la circolare 13 marzo 2009, n. 8, punto 6.2 in relazione al funzionamento di tali due disposizioni di legge nei passaggi successivi, interpretazione che, da quanto risulta, vari uffici dell’Agenzia delle Entrate stanno applicando nel corso degli accertamenti. È opportuno riportare integralmente il testo del citato documento di prassi:
“Per effetto del nuovo testo dell'art. 19-bis1, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972, devono intendersi superate le previsioni contenute nell'art. 30, commi da 4 a 6, della legge n. 388/2000, che consentivano l'applicazione del regime speciale del margine anche alle cessioni dei veicoli usati in relazione al cui acquisto il cedente avesse ricevuto una fattura recante l'esposizione dell'IVA addebitata per rivalsa, calcolata su una base imponibile ridotta al 10 per cento (15 per cento in virtù della legge n. 266/2005). Ai sensi dei commi 4 e 5 del richiamato art. 30 della legge n. 388/2000, per l'acquisizione dei veicoli l'IVA era ammessa in detrazione nei limiti del 10 per cento (divenuto 15 per cento dal 1° gennaio 2006), e l'applicazione del regime del margine previsto dal successivo comma 6 poteva ritenersi conforme alle disposizioni comunitarie proprio in considerazione del fatto che la percentuale di imposta ammessa in detrazione era di ammontare molto ridotto. In tale contesto normativo, infatti, poteva ritenersi sostanzialmente rispettata la condizione che presiede all'applicazione del regime del margine, per cui, in un certo stadio della commercializzazione del bene, l'imposta non è stata detratta neppure in parte. Chiarito ciò, si fa presente che, ai fini della determinazione della base imponibile, il quarto comma dell'art. 13 del D.P.R. n. 633/1972, introdotto dalla legge n. 244/2007, prevede che per le cessioni che hanno ad oggetto beni per il cui acquisto o importazione la detrazione è stata ridotta ai sensi dell'art. 19-bis1 o di altre disposizioni di indetraibilità oggettiva, la base imponibile è determinata moltiplicando il corrispettivo per la percentuale di detraibilità. Tale criterio di determinazione della base imponibile si applica in relazione a tutte le rivendite poste in essere da soggetti che abbiano esercitato la detrazione nella misura del 40 per cento dell'imposta addebitata in fattura dal cedente.”
L’impianto normativo italiano, oggi in vigore, non consente dunque l’applicazione del regime del margine, a sua volta contemplato dalla direttiva comunitaria per evitare fenomeni di doppia imposizione nel caso in cui un bene che abbia già scontato la tassazione in via definitiva formi poi oggetto di ulteriore rivendita, essendo re-immesso sul mercato. Pertanto, l’acquirente potrà detrarre l’imposta anch’esso al 40%, assoggettando l’eventuale successiva rivendita ad Iva per il solo 40% dell’imponibile e così via.
Il concessionario d’auto, trattandosi di bene che forma oggetto dell’attività, potrà detrarre integralmente l’imposta addebitatagli dal venditore dell’auto usata, salvo poi applicarla, all’atto della successiva rivendita, sull’intero corrispettivo.
È bene tradurre in cifre il principio di cui sopra, per coglierne il significato e le conseguenze.
Ipotizziamo che un professionista o un’impresa acquistino un’auto, del valore di Euro 70.000 oltre ad IVA del 20% (per facilitare i conteggi utilizziamo ancora l’imposta a tale aliquota), corrispettivo complessivo Euro 84.000. L’imposta, pari ad Euro 14.000, può essere detratta solo nella misura del 40%, pertanto per Euro 5.600.
L’impresa in questione, tempo dopo, rivende l’auto al concessionario. Notoriamente, molto spesso la valutazione del bene si modula sulla base delle quotazioni di riviste o siti specializzati, e tale valutazione costituisce un riferimento che include il valore dell’eventuale IVA, essendo molto spesso punto di riferimento per i privati. Assumiamo, nell’esempio, che la valutazione sia pari ad Euro 60.000.
L’impresa, pertanto, scomporrà la fattura di vendita, di complessivi Euro 60.000, come segue:
Ipotizziamo ora che il concessionario, che abbia detratto integralmente l’imposta di 4.444,44 di cui sopra (ricordiamo che non è soggetto alla limitazione del 40% di detrazione), rivenda l’auto valorizzandola esattamente al valore a cui l’ha acquistata, vale a dire ad Euro 60.000,00.
Sulla base della norma e dell’interpretazione dell’Agenzia (che, peraltro, può considerarsi rispettosa del dettato normativo), ripartirà l’incasso tra imponibile ed IVA in fattura come segue:
Riassumendo, la posizione del concessionario dell’esempio risulta essere la seguente (i decimali sono troncati):
Fase dell'acquisto |
Fase della vendita |
Utile/perdita |
|||||||
Imponibile |
IVA |
NS IVA |
Totale fattura |
Costo |
Totale fattura |
Imponibile |
IVA |
||
22.222 |
4.444 |
33.333 |
60.000 |
55.556 |
60.000 |
50.000 |
10.000 |
-5.556 |
Dall’esempio riportato è agevole concludere che, per effetto dell’applicazione della norma, l’operazione di acquisto e rivendita al medesimo prezzo comporta, per il solo effetto dell’applicazione delle disposizioni di legge in vigore, una perdita netta di conto economico pari a circa l’11% dell’operazione. E’ pertanto di palmare evidenza la totale assenza di razionalità / neutralità di una siffatta struttura normativa.
Come noto, il modello normativo di riferimento dell’IVA negli Stati appartenenti alla UE è costituito dalla Direttiva Comunitaria n. 112/2006: si tratta quindi di verificare se le disposizioni domestiche siano del tutto armonizzate a quelle comunitarie o se invece il recepimento interno non presenti taluni profili di criticabilità (anche) alla luce della Direttiva.
La menzionata Direttiva contiene un’intera sottosezione dedicata al “regime transitorio applicabile ai mezzi d’occasione usati” (segnatamente dagli articoli 326 a 332), nell’ambito della Sezione 2 dedicata al “Regime speciale dei soggetti passivi – rivenditori”. Le linee definite sono, nella sostanza, le seguenti:
- il prezzo d'acquisto da prendere in considerazione è il prezzo d'acquisto ai sensi dell'articolo 312, punto 2);
- tale prezzo d'acquisto pagato dal soggetto passivo-rivenditore si considera comprensivo dell'IVA che sarebbe stata dovuta se il fornitore del soggetto passivo-rivenditore avesse assoggettato la cessione al regime normale dell'IVA”.
Esemplificando, sulla base dei numeri di cui all’esempio che precede, si può verificare come i risultati siano del tutto diversi da quelli cui la normativa interna sembrerebbe approdare. In particolare:
A |
Iva dovuta se operazione fosse stata realizzata con regime normale |
10.000 |
Cui sottrarre Iva incorporata nel prezzo di acquisto. Essa si calcola come segue: |
||
B |
- Prezzo di acquisto (inclusivo di tutto) |
60.000 |
C |
- Imponibile che si sarebbe determinato se l'acquisto da parte del rivenditore fosse avvenuto con regime normale (*) |
50.000 |
D= B-C |
- Iva che sarebbe stata incorporata se l'acquisto del rivenditore fosse avvenuto con regime normale |
10.000 |
E= D-A |
- Iva dovuta per l'operazione |
- |
(*) in questo caso viene ignorato il principio di "proporzionalità "stabilito dall'articolo 13, comma 5) del DPR n. 633/1972, ai fini del calcolo del margine da cui scorporare l'IVA per il soggetto rivenditore |
È evidente come in questo caso l’operazione, essendo caratterizzata da parità di prezzo di acquisto e vendita, non generando alcun margine per il rivenditore, non determina, coerentemente, alcun debito di IVA né alcuna perdita di conto economico.
In conclusione, ad avviso di chi scrive sembra si possa riscontrare una struttura normativa domestica ed una relativa interpretazione ministeriale non aderente allo spirito della direttiva comunitaria, in quanto irrispettoso del principio di neutralità dell’Imposta su Valore Aggiunto, che dovrebbe informare la logica dell’imposta.
a cura di:
dott. Franco Di Ciaula
pubblicato su:
C&S Informa, volume 13, numero 2 anno 2012