Governance olistica, competenze e attrattività: intervista a Susanna Galesso, “Corriere Imprese”, 22 ottobre 2025.

Temi e Contributi
24/10/2025

Quanto è importante il ruolo giocato dalla governance aziendale per consentire alle nostre imprese di competere in questo mondo difficile?
«La governance è l’architrave del cambiamento. Non più solo un insieme di adempimenti e regole formali, ma una vera e propria infrastruttura culturale che con un approccio olistico tiene insieme visione, persone, processi e valori, ed è capace di connettere le decisioni strategiche con i comportamenti quotidiani. E ancora, integra tra loro le diverse dimensioni – economica, ambientale e sociale – in un’unica direzione strategica, indispensabile per trasformare l’incertezza in decisioni consapevoli, tanto più in quest’epoca di fragilità. Oltre a creare fiducia, guidare le scelte, generare una cultura diffusa orientata a obiettivi condivisi, la governance olistica è anche fondamentale per attrarre e trattenere talenti, perché le persone restano là dove si sentono ascoltate e coinvolte, protagoniste nei cambiamenti, appunto. Per le pmi del Nordest questo modo di intendere la governance pone una grande sfida, poiché chiede di passare da modelli centrati per lo più sul fondatore a sistemi condivisi, che responsabilizzano i team e valorizzano le competenze interne».

Si afferma per le nostre aziende la necessità stringente di dotarsi di una funzione HR più strutturata e al passo con questi tempi?
«Si tratta di una delle sfide più urgenti, perché è una figura che può essere motore della trasformazione aziendale insieme alla governance. L’HR moderno deve lavorare su tre piani: costruire competenze, favorire il benessere organizzativo e dare senso al lavoro delle persone. La sua funzione evolve, dunque, da “amministrazione del personale” a “architetto del capitale umano”, con un ruolo chiave per le imprese che vogliano essere attrattive, inclusive e capaci di innovare. Si pensi alle nuove generazioni, che nel lavoro oggi cercano crescita, valori, partecipazione, e chiedono di far parte di un progetto. È fondamentale ascoltare e tradurre questi bisogni in leve di attrattività e retention, perché il vero vantaggio competitivo delle imprese non sta solo nella tecnologia, ma nella capacità di valorizzare il capitale umano».

Ricerca delle necessarie competenze e attrattività: come si incrociano questi due concetti in una strutturazione aziendale realmente efficiente?
«Oggi non è più solo una questione di ricerca delle competenze: serve saperle attrarre, anzitutto, farle crescere e infine trattenerle. Perciò attrattività e competenze sono due facce della medesima medaglia: un’azienda che investe in formazione, sa raccontare una visione chiara e coerente e coinvolge le persone nei processi decisionali, diventa più attrattiva. Pensiamo ai moltissimi giovani che lasciano anche i territori del Nordest, dove si registra piena occupazione, perché non vi vedono percorsi di crescita chiari e spazi di partecipazione. La sfida è dunque creare un modello organizzativo aperto, dove le persone si sentano parte attiva di un progetto comune. Dall’altra parte, consideriamo come le transizioni digitale e sostenibile, fondamentali per la competitività delle imprese, passino in misura rilevante attraverso una valorizzazione delle persone e la sinergia generazionale: i senior portano esperienza e conoscenza dell’organizzazione, i giovani flessibilità e visione sostenibile. Anche per questo serve essere imprese attrattive».

Quanto conta per un vero cambio di passo l’istituzione di strumenti di supporto all’imprenditore come i comitati Esg e l’apporto di consiglieri indipendenti?
«I comitati strategici in generale e i consiglieri indipendenti sono cruciali per imprimere un cambio di passo alla governance. Portano metodo e trasparenza, stimolano il confronto tra le aree aziendali arricchendo il processo decisionale e l’innovazione, aiutano l’imprenditore a guardare la propria azienda “da fuori”. Il Comitato ESG, ad esempio, non è solo un adempimento: è la sede ideale per costruire un approccio olistico, un luogo di dialogo interfunzionale dove si intrecciano persone, produzione e sostenibilità. Allo stesso modo, i consiglieri indipendenti con competenze su innovazione, digitale o sostenibilità, introducono una visione più ampia e interdisciplinare, spesso più vicina alle migliori pratiche internazionali. Pensando alle imprese familiari del Nordest, tutto questo non significa snaturarne il dna, ma consente di romperne l’autoreferenzialità portando una visione globale. Serve loro un nuovo modo di crescere che si traduce anzitutto in una più matura consapevolezza, per poter continuare a essere protagoniste di un territorio che ha fatto della concretezza la sua forza, e oggi è chiamato a trasformarla in visione».