L'esclusione del calcolo del pro-rata ai fini IVA delle operazioni di cessione di disinvestimento finanziario nelle holding industriali, "Il Commercialista Veneto", gennaio-febbraio 2023.

Temi e Contributi
16/03/2023

La presente trattazione si propone di approfondire la detraibilità dell'IVA su acquisti di una società operativa attiva nel campo della produzione industriale, ma anche detentrice di alcune partecipazioni in società, provenienti da un conferimento di ramo d'azienda contenente, tra i suoi asset, una partecipazione, destinata alla vendita perché non rientrante nel core business.
L'ipotesi della cessione pone mente alla questione del trattamento dell'IVA sugli acquisti di beni e servizi posti a supporto della partecipazione oggetto della cessione, che potrebbe condurre all’applicazione di indetraibilità della medesima IVA, e perdita di possibilità del rimborso del relativo credito.

La detenzione e gestione di partecipazioni e la definizione di holding nel campo dell'IVA
La holding è la fattispecie soggettiva ai fini IVA di una tipologia di società per sua natura detentrice di asset patrimoniali che potrebbero non richiedere un'attività economica vera e propria in assenza di una reale interferenza diretta e/o indiretta nelle società partecipate, ma che sostiene, ugualmente, costi derivanti dalla sua stessa esistenza societaria.
L'inquadramento IVA delle holding di partecipazione risale alle disposizioni della sesta Direttiva 77/388/CEE e della direttiva IVA 2006/112/CE, che stabilisce che la mera detenzione di asset patrimoniali - come le partecipazioni - non attribuisce al possessore la soggettività IVA, con la conseguenza di negare la detraibilità dell’IVA sugli acquisti effettuati in relazione, o strumentali, alla detenzione della partecipazione.
L’impianto normativo comunitario e, di conseguenza, nazionale, riconosce ed attribuisce, infatti, la soggettività IVA a chi esercita un’attività, in modo abituale, professionale, continuativo, che la mera detenzione di asset non configura.
La giurisprudenza comunitaria è ampia e consolidata con riguardo all’attività di holding: essa discende dall’art. 168 della Direttiva IVA 1, in forza del quale il possesso di partecipazioni da parte di una società si distingue in possesso “attivo”, quando la capogruppo effettua operazioni verso le proprie partecipate, esercita, in altre parole, un’attività, dal possesso “passivo”, quando la capogruppo non effettua alcuna operazione/attività verso le proprie partecipate ed il possesso si risolve in una mera iscrizione a bilancio di un asset finanziario.
Il diritto nazionale acquisisce l’impianto normativo dettato dalla Direttiva, con la finalità di armonizzare l’IVA tra i Paesi dell’UE; nella disciplina IVA nazionale, l’holding rientra nell’art.4, comma 5^, lett. b) del DPR 633/72, nel quale è confermato che il mero possesso di partecipazioni, senza l’esercizio di un’attività di gestione nelle società partecipate, non configura attività commerciale ai fini IVA.

La soggettività IVA connessa all'attività di gestione della partecipazione.
La soggettività IVA è associata allo svolgimento di un’attività economica, intesa come esercizio abituale, professionale e continuativo, di un’attività organizzata nella forma di impresa, quale insieme di operazioni attive “imponibili" IVA, nell’accezione più ampia, e, pertanto, anche se, poi, fiscalmente esenti.
Sul punto, la Corte di Giustizia UE 2 è consolidata nell’affermare che la soggettività passiva di una holding dipende dall’esercizio di una specifica attività di gestione della partecipazione, dove l’attività consiste nell’influire, direttamente od indirettamente, nella gestione della partecipata stessa.
In altre parole, la Corte di Giustizia UE è ferma nel richiedere “un’interferenza” della capogruppo presso le proprie consociate per poter affermare l’esistenza di soggettività IVA in una holding, rispetto ad altra realtà societaria, priva di soggettività IVA.
L'interferenza trova la sua declinazione fiscale operativa, ai fini IVA, nel nesso diretto tra gli acquisti sostenuti per l’esercizio dell’attività e l’incorporazione del costo di acquisto degli stessi nel prezzo delle operazioni specifiche “a valle” compiute verso le controllate, o nel prezzo dei beni o servizi forniti dalla capogruppo al gruppo nell’ambito delle proprie attività economiche: si richiama sul punto la Corte di Giustizia UE 3, che riprende una giurisprudenza della stessa Corte ormai consolidata, con la quale quest’ultima, in riferimento all’art. 168 della Direttiva sopra richiamata, indica la necessità che nel prezzo delle operazioni imponibili sotto forma di prestazioni rese alle società figlie sia contenuto il costo dei beni e servizi acquistati da terzi per parlare di soggettività passiva IVA.
L’attività economica di una holding è, per sua natura, un’attività di erogazione di servizi; i servizi generalmente riconosciuti in capo ad una capogruppo sono: amministrativi (tenuta delle contabilità, polizze assicurative di gruppo), informatici (piattaforme gestionali unitarie di gruppo), finanziari (finanziamenti e rilascio garanzie alle partecipate), immobiliari (locazione di un immobile), di marketing (strategie unitarie di gruppo tra consociate ai fini di una migliore efficacia ed efficienza nella capacità di penetrazione del mercato di riferimento).
Per la legislazione IVA italiana, l’esercizio abituale e professionale dell’attività si configura in presenza di una struttura organizzata diretta per lo svolgimento di un’attività (art. 4, 1^ comma DPR 633/72); il principio è rafforzato presso la Corte di Giustizia UE, che distingue tra detenzione di partecipazioni con gestione infragruppo (holding dinamica) da quella senza gestione (holding statica).
In tale situazione, le spese sostenute dalla capogruppo devono essere distinte tra quelle riconducibili a partecipazioni che configurano la cosiddetta “holding dinamica” da quelle riconducibili a partecipazioni che configurano la cosiddetta “holding statica”, per la detrazione IVA sugli acquisti, e una struttura organizzativa dedicata alla contabilizzazione distinta delle due forme di gestione è da auspicare.
Vi è una coerenza giurisprudenziale tra il principio riaffermato dalla Corte di Giustizia UE e la Cassazione, che, nella recente ordinanza n. 5156 del 25 febbraio 2021 ha avallato il medesimo principio di negazione dello status di soggetto passivo ai fini IVA di una holding di partecipazioni che non intervenga nella gestione delle partecipate.

La detraibilità dell'IVA sugli acquisti effettuati in relazione alle partecipazioni detenute
Il riconoscimento della soggettività passiva IVA in capo al soggetto sancisce la detraibilità o meno dell’IVA sugli acquisti effettuati per esigenze di acquisizione e – successivamente- di detenzione della partecipazione.
I principi europei stabiliscono che le spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi da terzi per la partecipazione, poi, detenuta in regime “dinamico” generano Iva pienamente detraibile, così come le spese successive durante la detenzione, e, infine, quelle connesse alla cessione.
Diversamente, le spese generano IVA non detraibile.
In omaggio all'art. 168 della Direttiva sopra richiamata, la Corte di Giustizia ha affermato lo stretto collegamento tra IVA sugli acquisti e IVA sulle cessioni con il meccanismo sopra illustrato, avendo riguardo a che il costo dei beni e/o servizi acquisiti sia incorporato nel prezzo dei beni/servizi fatturati con IVA.
Qualche osservazione di completamento nel caso delle spese generali, ossia di quelle spese che riguardano l’intera struttura o non sono direttamente ricollegabili alla gestione “dinamica” piuttosto che “statica”.
In presenza di tali tipologie di spese riferibili ad entrambe, la detrazione è operata in proporzione alle spese relative all’attività economica che, secondo la Corte di Giustizia UE, devono essere individuate oggettivamente: essa fa riferimento alla necessità di tener conto dell’uso effettivo dei beni e servizi acquistati dal soggetto passivo, un concetto assimilato dalla normativa italiana per le sole operazioni strumentali ed accessorie.
Inoltre, la giurisprudenza unionale ribadisce ed afferma quanto contenuto nella Direttiva richiamata, e cioè che ciascuno Stato membro è tenuto a definire criteri di ripartizione tali da riflettere oggettivamente la quota di IVA relativa a spese imputabili all'attività economica e non economica della holding.
Nel D.P.R. 633/72 il criterio è quello del pro-rata, in combinato disposto con la disposizione relativa all’indetraibilità totale l’art. di cui all’art. 19-bis dell’IVA in particolari casi.
Della particolarità delle operazioni strumentali ed accessorie, si dirà nel prossimo paragrafo.

Le holding miste ed il calcolo del pro-rata IVA
Le società industriali operative possono essere titolari di partecipazioni: è il caso di partecipazioni detenute da società operative che siano, nello stesso tempo, anche vertice di un gruppo societario; il semplice possesso può rientrare nell’oggetto sociale come attività propria del soggetto, oppure trattarsi di asset finanziari detenuti a latere dell’attività svolta, o come attività strumentale ed accessoria all’attività principale, come accade quando, ad esempio, l’articolazione di un gruppo societario preveda che la società madre possieda partecipazioni in controllate costituite per la distribuzione dei prodotti o di attività finanziarie (leasing, noleggio, ecc.) ai clienti finali di altra società del gruppo, con organizzazioni separate per ragioni di responsabilità o di localizzazioni all’estero subordinate all’applicazione della legislazione del posto.
Nella holding mista non si pone un problema di assenza di soggettività, e, quindi, di conseguente indetraibilità IVA sugli acquisti afferenti la partecipazione detenuta derivante da questo titolo; tuttavia, le operazioni afferenti attività finanziarie (nelle quali si colloca il possesso di tutti gli asset rappresentanti strumenti finanziari) sono qualificate come esenti dalla norma IVA italiana (art. 10, punto 4) del DPR 633/72) e l’esenzione di operazioni attive genera indetraibilità dell’IVA, o direttamente o nella forma del pro-rata.
Per le holding miste valgono le considerazioni sopra formulate in merito alla distinzione di un’attività di gestione diretta con interferenza o meno nella gestione delle partecipate (holding dinamiche- holding statiche), attraverso i servizi accentrati amministrativi (tenuta delle contabilità, stipula di polizze assicurative di gruppo, gestione del personale), finanziari (finanziamenti e rilascio garanzie alle partecipate), immobiliari (locazione di un immobile), di marketing (strategie distributive e commerciali di gruppo), con la presenza di operazioni rientranti nell’ambito IVA, tuttavia con una declinazione un po’ diversa rispetto a quanto sopra esposto per i soggetti finanziari.
L'attività sociale di holding “dinamica” configura un insieme di operazioni che formano oggetto di un’attività propria del soggetto passivo (tralasciamo in questa sede l’opportunità o meno di optare per l’attività separata ai fini IVA ai sensi degli artt. 36 e 36bis del DPR 633/72), talchè l’effettuazione di operazioni esenti, qual è la cessione di partecipazione, segue la regola generale del pro-rata, in quanto l’operazione non è né accessoria né occasionale.
Viceversa, la mera detenzione di partecipazione nell’ambito di una holding “statica”, che non svolga servizi alla controllata, può configurare operazione accessoria ed occasionale, che non concorre al calcolo del pro-rata di detraibilità per le ragioni che seguono.

L'accessorietà della cessione di una partecipazione detenuta da holding mista
Il requisito dell’accessorietà di un’operazione finanziaria (come la cessione di una partecipazione) in ambito IVA è citata nell’art. 19, 2^ comma DPR 633/72 e trova ampia enfasi nella giurisprudenza della Corte europea, che ha circoscritto la valenza delle operazioni finanziarie a latere delle attività imponibili.
La Corte unionale ha più volte affermato che un’operazione finanziaria è accessoria a prescindere dalla produzione di reddito di impresa e dall’entità della stessa rispetto al volume d’affari conseguito, purché siano operazioni effettuate a servizio e di supporto al miglior svolgimento dell’attività propria dell’impresa e non richiedano un impiego significativo di beni e servizi per i quali l’IVA sia dovuta 4-5.
Sullo stesso solco si è posta la giurisprudenza della Corte di Cassazione6 che ha riaffermato quanto già in precedenza asserito7, che vanno escluse dal calcolo della percentuale di detrazione le operazioni occasionali ed accessorie, intendendosi come tali le operazioni compiute allo scopo di migliorare lo svolgimento di quelle rientranti nell’attività propria dell’impresa.
Infine, la prassi ministeriale ha avuto modo di qualificare le operazioni finanziarie nella loro accezione di accessoria/strumentale 8- 9-10, ai fini dell’esclusione delle stesse nel calcolo del pro-rata IVA per le sole operazioni di supporto rispetto all’attività principale, quali "…strumentali al migliore svolgimento dell’attività esercitata …".
Per essere tali, secondo la prassi ministeriale sopra citata, esse devono "…comportare un limitato impiego di lavoro, di beni e servizi rilevanti ai fini IVA, tali da non costituire una vera e propria organizzazione specifica per la gestione di tali attività...", mentre l’entità dell’operazione rappresenta un parametro quantitativo non contemplato dalla legislazione 11.

L'occasionalità della cessione di una partecipazione detenuta da holding mista
Il concetto di occasionalità è strettamente assimilato all’accessorietà e, secondo la prassi della Agenzia delle Entrate12 identificato dall’assenza di un’apposita struttura che curi e gestisca l’aspetto finanziario nella holding mista.
L'occasionalità è associata anche alla frequenza con cui le operazioni intervengono nell’operatività ordinaria del soggetto passivo, in contrapposizione all’abitualità nella misura in cui il suo svolgimento sia a supporto dell’attività propria dell’impresa, realizzato dall’assenza di un’organizzazione ad hoc.
Stante l’assimilazione riconosciuta dalla stessa prassi ministeriale, si può estendere, senza tema di smentita, anche alle operazioni occasionali l’irrilevanza dell’entità di un’operazione, purché effettuate a servizio e di supporto al miglior svolgimento dell’attività propria dell’impresa e in assenza di un impiego significativo di beni e servizi per i quali l’IVA sia dovuta.
Del resto, in tal senso, si è espressa la stessa prassi ministeriale, invariata nel tempo13.
Va segnalato che la Cassazione si è espressa in modo diverso sul punto14, dato che ai fini del calcolo della percentuale di detraibilità risulta decisiva la composizione del volume d’affari del soggetto passivo e per verificare "…se una determinata operazione attiva rientri o meno nell’attività propria di una società, …." occorre aver riguardo non all’attività descritta nell’oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta, intendendo con ciò, la misura ingente di ricavi derivanti da un’attività rispetto al totale esclude la natura accessoria della stessa.
La posizione della Cassazione è singolare dato che l’interpretazione della Corte di Giustizia europea attribuisce all’elemento quantitativo di un’operazione una valenza di semplice indizio per la sua esclusione dalle operazioni accessorie.

Conclusioni
Il soddisfacimento dei requisiti indicati da una cessione di partecipazione da parte di una holding mista produce l’effetto di una sua esclusione dal calcolo del pro-rata IVA quando siano verificati i requisiti richiesti dalla giurisprudenza, ormai consolidata e dalla prassi ministeriale 15 quali:

  • La partecipazione ceduta sia posseduta come strumentale all’attività esercitata, imponibile, non rientrante nell’attività propria dell’impresa (holding mista statica)
  • L'operazione di cessione sia occasionale,
  • Per la sua gestione, ivi compresa la cessione, non abbia richiesto un impiego significativo di beni e servizi per i quali l’IVA sia dovuta

 

In tal caso, malgrado l'entità significativa rispetto al volume d’affari della società, che può, al più rappresentare un indizio di non occasionalità o accessorietà, la stessa è operazione che non rientra nel calcolo della percentuale di detraibilità ai fini IVA.

 

 

1 Direttiva IVA 2006/1127CE del 28 novembre 2006
2 Corte di Giustizia Europea Sentenza causa C- 320/17 del 5 luglio 2018
3 Corte di Giustizia Europea Sentenza causa C-98/21 depositata l’8 settembre 2022
4 Corte di Giustizia Europea sentenza causa C77/01 del 20 aprile 2001
5 Corte di Giustizia Europea sentenza causa C 378/15 del 14 dicembre 2016
6 Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza n. 11085 del 7 maggio 2008
7 Cassazione civile, sez. tributaria sentenza 7214 del 28 maggio 2001
8 C.M. n. 71 del 26 novembre 1987
9 R.M. 305/E del 21 luglio 2008
10 R.M. 41/E del 5 aprile 2011
11 C.M. n. 71/1987 cit.
12 R.M. 305/E del 2008 cit.
13 C.M. n. 71/1987 cit.
14 Cassazione civile, sez. tributaria, sentenza n. 5970 del 14 marzo 2014
15 Risposta ad Interpello n. 529/2022 del 27 ottobre 2022