I vantaggi fiscali del fare impresa in rete

Temi e Contributi
30/12/2010
L’esigenza di accrescere le dimensioni delle nostre imprese e di incrementarne la capacità innovativa e la competitività sul mercato trova una nuova risposta nel contratto di rete. Questo istituto ha visto la luce nel nostro ordinamento con il D.L. 10-02-2009, n.5 e nelle pagine di questa rivista se ne sono già presentate le finalità e definita la disciplina (C&S Informa n.4 – aprile 2010 e n.7 – ottobre 2010). L’obiettivo di questo contributo è di mettere in luce i vantaggi fiscali del “fare rete”.  

 

L’interesse degli operatori per questa nuova figura contrattuale è alto: a distanza di nemmeno due anni dalla nascita, dalle pagine dei giornali emerge che sono già numerosi i soggetti che hanno colto questa nuova opportunità. In Basilicata 33 piccole imprese si sono legate per operare nel comparto dell’estrazione del petrolio (Rete Log – Lucano oil&gas). Nel veronese sono già nate una rete nell’alimentare che raccoglie già 18 aziende che importano, selezionano, lavorano e confezionano funghi e due reti distinte che operano nel settore delle energie rinnovabili (Energy4life e Chp Lab); in Emilia hanno visto la luce micro-reti attive nelle filiere della meccanica, nonché Race.Bo, che riunisce dieci imprese sub-fornitrici del settore automotive; nella riviera del Brenta si sono messi in rete i calzaturieri (Calegheri 1268), in Abruzzo operatori del settore della moda, con Brioni nel ruolo di capo-fila (Il Polo Alta Moda dell’Area Vestina).

 Il testo legislativo è assai imperfetto e sono auspicabili interventi correttivi ed integrativi che possano ridurre l’incertezza in tema, tra gli altri, di responsabilità, disciplina del recesso, soggettività passiva. Ma, come si è visto, molte imprese non si sono lasciate scoraggiare da queste aree grigie. L’entusiasmo con cui è stato accolto il contratto di rete è sintomo visibile dell’utilità che il mondo economico vi riconosce. Esso infatti riesce a rispondere ai desideri contrapposti che spesso ha in animo l’imprenditore e cioè crescere dimensionalmente e in innovazione senza rinunciare alla propria indipendenza (e al proprio portafoglio clienti): si tratta di uno strumento innovativo e flessibile di collaborazione, diverso e complementare rispetto alle aggregazioni proprietarie costituite da fusioni e acquisizioni, che si sostanzia in una crescita per via contrattuale che può essere limitata nel tempo, nelle risorse dedicate, nei progetti consdivisi. Ed è una veste contrattuale che si attaglia perfettamente anche a società di piccole dimensioni e con compagini proprietarie ristrette. L’art.42 del D.L. 31-05-2010, n. 78 ha aggiunto appeal allo strumento, riconoscendo alle imprese che vi aderiscono “vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con l’A.B.I.”.

Concentriamoci in particolare sugli aiuti fiscali riservati a chi “fa impresa in rete”. Si tratta di un’agevolazione temporanea (fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012) che viene riconosciuta solo a chi prevede contrattualmente di dotare la rete di risorse finanziarie. Ricordiamo che il contratto di rete può stabilire che i soggetti coinvolti eseguano dei conferimenti iniziali ed eventualmente degli apporti successivi che confluiscono in un fondo patrimoniale comune. A tale fondo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul fondo consortile (artt. 2614 e 2615 c.c.). Se consentito dal programma, l’esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell’art.2447-bis del codice civile. L’art.42 del D.L. 31-05-2010, n. 78, prevede un regime di sospensione d’imposta per la quota degli utili dell’esercizio destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare per realizzare entro l’esercizio successivo gli investimenti previsti dal programma comune di rete. La norma non è ancora operativa perché dovrà incassare l’autorizzazione della Commissione europea e, per stabilire come opererà concretamente il meccanismo, sarà necessaria l’adozione da parte del direttore dell’Agenzia delle Entrate di un provvedimento che fissi i criteri e le modalità di attuazione dell’agevolazione. La norma di per sé è scarna ma il beneficio sembrerebbe sostanziarsi in una variazione in diminuzione dal reddito imponibile dell’impresa appartenente alla rete[1] per un importo pari alla quota di utili accantonati dalla stessa in una specifica riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete. Tali utili concorreranno (eventualmente) alla formazione del reddito nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l’adesione al contratto di rete. Per godere del beneficio, il programma comune di rete dovrà essere preventivamente asseverato da organismi espressione dell’associazionismo imprenditoriale muniti di specifici requisiti che verranno fissati per decreto dal Ministero dell’economia e delle finanze ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici che verranno individuati con il medesimo decreto.

Il Legislatore si è preoccupato di porre dei sensibili limiti quantitativi a questa agevolazione: l’importo che non concorre alla formazione del reddito d’impresa potrà arrivare fino al limite di un milione di euro per ciascuna impresa (non è ancora chiaro, ad oggi, se si tratti di un limite per l’intero periodo o fissato per ciascun periodo d’imposta), e il beneficio non potrà essere fruito complessivamente per più di 20 milioni di euro per l’anno 2011 e di 14 milioni di euro per il 2012 e 2013; da ultimo, non potrà dare vantaggi in sede di conteggio degli acconti d’imposta, potendo computarsi solo in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi. Vista la portata dell’agevolazione, il Legislatore ha sentito l’esigenza di prevedere specificatamente sin d’ora come controllarne la fruizione: l’Agenzia delle Entrate, avvalendosi dei poteri di cui al Titolo IV del DPR n.600 del 29/09/1973, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso al beneficio, revocando gli aiuti indebitamente fruiti.

Ai vantaggi-chiave di “fare impresa in rete”, e quindi favorire la dimensione aggregata dell’investimento e dell’innovazione e collaborare garantendo sempre l’indipendenza delle singole imprese aderenti, si aggiungerà a breve un vantaggio fiscale davvero appetibile. Speriamo che il placet della Comunità Europea arrivi rapidamente e che le norme di attuazione siano semplici e chiare: la voglia di innovare e di fare sistema delle nostre imprese lo merita.

 


 

[1] Questa lettura trova conferma nelle bozze di Unico 2011 – Società di Capitali del 15 dicembre 2010: nel quadro RS  vi sarebbe un’apposita sezione da compilarsi al fine di determinare la quota di utili destinata alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete da portare in deduzione dal reddito d’impresa.

 

 

a cura di:

dott.ssa Rita Nalli

pubblicato su:

C&S Informa, volume 11,  numero 9 anno 2010