Avvocato Giovanni Tagliavini, partner di Cortellazzo&Soatto, secondo il vostro osservatorio privilegiato di consulenti delle imprese, soprattutto a proprietà familiare, ci sono ancora resistenze nell'aprire all'apporto di capitali esterni?
«La nostra esperienza professionale ormai da tempo attesta che l'articolato tessuto produttivo delle PMI, il grande tesoro del nostro territorio, con le competenze del suo capitale umano unite all'elevato tasso di iniziativa e volontà di competere a livello globale, apprezza i vantaggi dati dall’ingresso e dal supporto di capitali esterni, riconoscendoli funzionali allo sviluppo strategico e imprenditoriale, sia in ottica di ricambio generazionale che di opportuno rafforzamento patrimoniale finanziario e di crescita industriale e commerciale. In genere non incontriamo "resistenze", semmai crescente interesse e una cultura già diffusa nel mondo delle imprese in merito agli strumenti e alle opzioni disponibili. Il che di certo agevola la presentazione e l'approfondimento delle eventuali opportunità, e poi senz'altro aiuta nel coltivarle».
Sempre più spesso si ha notizia dell'ingresso dei fondi di private equity nelle nostre Pmi, anche con quote di maggioranza o totalitarie: è il segno di una difficoltà del nostro sistema produttivo oppure questa cosa va vista come un'opportunità per la crescita delle imprese stesse?
«Pur essendo la casistica decisamente ampia e variegata, è il segno complessivo della maturazione di una visione, diffusa e consapevole, di quali siano i fattori necessari alla crescita aziendale e della disponibilità a sfruttare davvero il potenziale dell'impresa, anche al di fuori dall'ambito endofamiliare, che per tante ragioni può rappresentare un limite al percorso di crescita nelle sue varie declinazioni, e quindi alla creazione e preservazione del valore. Ciò significa anche voler prevenire eventuali difficoltà future e rischi di decrescita. Come in molti casi è indispensabile aggregarsi e fare rete per costruire filiere solide e competitive, allo stesso modo le aziende devono potersi aprire agli apporti esterni e ai relativi contenuti, siano essi di natura finanziaria ovvero contributi manageriali e tecnologici».
Detto che ogni azienda fa storia a sé e ha le proprie esigenze specifiche, quali sono in questo momento le soluzioni più interessanti per apportare capitale fresco?
«Alla luce di quanto vediamo dal nostro osservatorio, a parte ovviamente le start up che per definizione necessitano di adeguato capitale di avvio, trovo molto interessanti quelle situazioni in cui, a cospetto di imprese mature (ossia da tempo sul mercato e magari anche strutturate), la combinazione tra i capitali freschi introdotti dal nuovo partner, le esperienze pregresse, la valorizzazione del management già in servizio, non disgiunta da nuovi inserimenti strategici, genera quello slancio che consente di attuare nell'arco di pochi anni un vero salto di qualità: quel mutamento di paradigma che attraverso la crescita esponenziale del fatturato e della base produttiva cambia veramente il volto dell'azienda, conferendole dimensione e posizionamento di gran lunga diversi e migliori».
Come valutate questa fase storica di disaffezione verso la quotazione in Borsa, testimoniata da un numero mai così alto di delisting?
«Sappiamo che il delisting in Italia ha molte cause ed è un fenomeno sotto studio e attenta osservazione. Personalmente non mi sorprende che in una economia come la nostra – caratterizzata dal "nanismo" degli operatori rispetto ai contesti esteri con cui ci si trova a competere –, a una quotazione in borsa possano fare seguito la delusione delle aspettative all'origine coltivate, il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissi o anche la volontà di quotarsi su altre piazze e mercati. L'auspicio è che si manifesti quanto prima una inversione di tendenza, ossia più listing che exit dalla borsa, anche perché un'economia è forte e sana quando la sua borsa è vivace, ben rappresentata, e il mercato dei capitali non è asfittico. Purtroppo i conflitti e le crescenti tensioni geopolitiche, unite alle recenti gravi incertezze, senz'altro non aiutano ad andare nella direzione sperata».