Le recenti modifiche normative delle manovre 2011 e 2012 in tema degli Studi di Settore

Temi e Contributi
12/12/2012

Gli anni 2011 e 2012 hanno apportato numerose novità in materia di studi di settore. Considerata la loro importanza in tema di accertamento e il nuovo profilo sanzionatorio, può risultare utile ripercorrere le modifiche normative che hanno interessato la materia a partire dal D.L. 98/2011 fino al D.L. 16/2012.

Nell’ultimo anno alcuni interventi normativi hanno modificato sensibilmente la disciplina degli studi di settore andando a incidere soprattutto sui termini di pubblicazione, sulla disciplina relativa all’accertamento presuntivo e all’accertamento induttivo e sul regime sanzionatorio applicabile in caso di irregolarità dichiarative.
In particolare, il quadro normativo di riferimento è rappresentato dal D.L. 06/07/2011, n. 98 (convertito, con modificazioni dalla L. 15/07/2011 n. 111), dal D.L. 13/08/2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla L. 14/09/2011 n. 148), dal D.L. 06/12/2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla L. 22/12/2011 n. 214) e dal D.L. 02/03/2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla L. 26/04/2012 n. 44). Tali Decreti sono stati oggetto di chiarimenti ufficiali con le circolari dell’Agenzia delle Entrate del 05/08/2011, n. 41 e del 16/03/2012, n. 8[1].

Le novità del D.L. 98/2011

L’art. 23, co. 28 del D.L. 98/2011 (c.d. Manovra correttiva) ha apportato le prime modifiche in tema di studi di settore; più in particolare nella lettera a) la modifica è di natura procedimentale e riguarda la tempistica di approvazione degli studi e le loro integrazioni. Le lettere da b) a g), invece, introducono nuove disposizioni relative ai profili accertativi e sanzionatori.
A partire dall’annualità 2012 gli studi di settore devono essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d’imposta nel quale entrano in vigore, con la possibilità di modificare gli stessi entro il successivo 31 marzo, al fine di tener conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riferimento alle diverse specificità settoriali e territoriali (c.d. correttivi anti-crisi).

Un’altra novità, relativa alle modalità di utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento di tipo presuntivo in materia di imposte dirette ed IVA nei confronti di contribuenti che risultano congrui e coerenti agli studi di settore, ha previsto l’eliminazione, nella motivazione dell’atto di accertamento, di illustrare le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione Finanziaria a disattendere le risultanze dello studio[2].
Il trattamento sanzionatorio è stato inasprito dal Decreto in esame, dapprima in termini di sanzione fissa, prevedendo che in caso di omessa presentazione del modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore si applica la misura massima della sanzione prevista dall’art. 8, co. 1 del D.Lgs. 471/1997 pari ad € 2.065,00[3].

La disposizione, però, opera a condizione che la presentazione di tale comunicazione sia dovuta e che il contribuente non abbia provveduto all’invio anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate. La sanzione, quindi, può essere comminata sia nel caso in cui, a seguito della rideterminazione del reddito, emergano maggiori ricavi o compensi (ipotesi in cui tale sanzione può essere sommata a quella maggiorata del 50%, in presenza delle condizioni più sotto esaminate), sia nel caso in cui non emerga un maggior reddito accertato rispetto a quello dichiarato dal contribuente nel modello Unico. La C.M. 41/2011 ha, inoltre, chiarito che questa misura si applica con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del presente Decreto), vale a dire con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta 2010.
Inoltre, in termini di sanzioni percentuali, le lettere e), f) e g) hanno disposto un aumento del 50% della misura delle sanzioni minima e massima per infedele dichiarazione dei redditi, IVA ed IRAP dove al contempo sia omessa la presentazione del modello degli studi di settore[4]. Anche in questo caso la disposizione opera a condizione che la presentazione della comunicazione sia dovuta e che il contribuente non vi abbia provveduto anche a seguito di specifico invito da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Ulteriore condizione per poter applicare questa sanzione è che il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile ai fini IVA, ovvero il maggior imponibile ai fini IRAP, accertati a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% dell’importo dichiarato[5].

In presenza, quindi, di tutte queste condizioni la sanzione irrogabile può andare da un minimo del 150% ad un massimo del 300% delle maggiori imposte evase (rispetto alle ordinarie misure dal 100 al 200%). Anche in questa fattispecie la disposizione si applica con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011.

Nel caso di infedele dichiarazione del modello degli studi di settore, invece, si rende unicamente applicabile la sanzione dal 110% al 220%, solo se il maggior reddito accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore è superiore al 10% di quello dichiarato dal contribuente[6].

Infine, l’ultima novità introdotta dal Decreto in esame è relativa alla possibilità da parte dell’Amministrazione Finanziaria di procedere ad effettuare un accertamento induttivo (extracontabile), ex art. 39 del DPR 600/1973, nei confronti dei contribuenti che omettono di presentare il modello degli studi di settore, lo presentano con dati irregolari, o indicano cause di esclusione o inapplicabilità non sussistenti[7]. La possibilità di eseguire tale tipologia di accertamento è, però, subordinata all’irrogabilità della sanzione prevista dall’art. 1, co. 2-bis del D.Lgs. 471/1997, cioè la sanzione per infedele dichiarazione maggiorata del 10% rispetto alle misure minima e massima, qualora l’importo accertato sia superiore al 10% di quanto dichiarato dal contribuente. Affinché si possa applicare tale disposizione, la C.M. 41/2011 precisa, infine, che il contribuente deve essere effettivamente soggetto agli studi di settore, non rilevando, quindi, le ipotesi di presentazione del modello da parte di soggetti esclusi dagli stessi (si pensi, ad esempio, al caso di periodo di non normale svolgimento dell’attività, come la liquidazione ordinaria delle società, o al caso di contribuenti che dichiarano un volume di ricavi di ammontare superiore ad € 5.164.569 ma inferiore ad € 7.500.000).

Un interessante chiarimento sul punto è arrivato con la C.M. 8/2012, la quale stabilisce che tale disposizione, avendo natura procedimentale, è applicabile con riferimento a tutte le annualità ancora accertabili alla data di effettuazione del controllo, confermando, quindi, un effetto retroattivo. Tuttavia la stessa circolare precisa che gli uffici procederanno con un accertamento induttivo solamente a partire dai controlli delle dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2010, in forza dei principi di collaborazione e trasparenza tra Amministrazione e contribuenti.

La stessa C.M. 8/2012 ha offerto un’ulteriore precisazione relativa allo “specifico invito” ad adempiere che la stessa Agenzia delle Entrate può richiedere ai contribuenti che hanno omesso l’invio del modello studi di settore, anche oltre gli ordinari termini di scadenza per la presentazione del Modello Unico. Come si evince dal testo della circolare, infatti, l’Amministrazione Finanziaria può trasmettere un invito, diverso da quelli previsti dagli artt. 32 del DPR 600/1973 e 51 del DPR 633/1972 e più in generale dagli atti di cui all’art. 13, co. 1 del D.Lgs. 472/1997, ai contribuenti potenzialmente interessati dall’omissione dichiarativa, per permettere loro di sanare la propria posizione ed evitare, quindi, l’irrogazione delle sanzioni de quo (vale a dire, sia quella in misura fissa pari ad € 2.065,00, sia quella maggiorata del 50% per infedele dichiarazione). Più in particolare qualora il contribuente presenti, anche a seguito dello specifico invito, una dichiarazione integrativa entro i termini previsti per il ravvedimento operoso, potrà beneficiare dell’applicazione delle sanzioni in misura ridotta, sanando la violazione commessa anche in termini di sanzioni maggiorate del 50%. Qualora, invece, la presentazione della dichiarazione integrativa avvenga oltre i termini previsti per il ravvedimento operoso, ma prima dell’inizio dell’attività di controllo, si applicheranno le sanzioni ordinarie previste per la specifica violazione commessa, senza maggiorazioni.

Le novità del D.L. 138/2011
L’art. 2, co. 35 primo periodo del D.L. 138/2011 (c.d. Manovra di ferragosto) ha introdotto un’ulteriore condizione affinché possa operare la preclusione dagli accertamenti presuntivi per i soggetti congrui e coerenti agli studi di settore: la congruità anche con riferimento al periodo d’imposta precedente a quello oggetto di controllo[8]. Per effetto della modifica normativa, quindi, a decorrere dal 13 agosto 2011 (data di entrata in vigore del presente Decreto) ai fini dell’operatività della c.d. “copertura da accertamento” sono richieste tre condizioni: a) l’ammontare delle attività non dichiarate deve essere inferiore, in valore assoluto, ad € 50.000 e pari o inferiore al 40% dell’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati; b) non devono sussistere le condizioni per l’irrogazione delle sanzioni maggiorate per infedele comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore (ex artt. 1 e 5, co. 2-bis e 4-bis del D.Lgs. 471/1997 e art. 32, co. 2-bis del D.Lgs. 446/1997); c) il contribuente deve risultare congruo e coerente per il periodo d’imposta oggetto di verifica e “solamente” congruo, e non anche coerente, agli indicatori di normalità economica, per il periodo d’imposta precedente. La C.M. 8/2012 ha chiarito che la disposizione ha natura procedimentale, “atteso che non muta il profilo sostanziale dei singoli ambiti impositivi interessati”, con la conseguenza che la stessa si rende applicabile retroattivamente anche per i periodi d’imposta precedenti la sua introduzione e ancora accertabili.

Ulteriore chiarimento fornito dalla stessa circolare è relativo all’assimilazione tra periodo d’imposta precedente con ricavi o compensi congrui e periodo d’imposta precedente con cause di esclusione o inapplicabilità. In virtù di premiare i contribuenti che evidenziano un volume di compensi o ricavi non inferiore a quello stimato dallo studio di settore applicabile, l’effetto preclusivo all’accertamento in oggetto non opera se il soggetto risulta interessato da cause di esclusione o inapplicabilità dallo studio, in quanto tale situazione non può essere paragonata a quella di un soggetto congruo.

La seconda e ultima modifica del Decreto in esame è quella contenuta nel secondo periodo dell’art. 2, co. 35 che ha esteso anche all’ipotesi di aggiornamento o istituzione degli indicatori di normalità economica la possibilità di modificare gli studi di settore entro il termine del 31 marzo dell’anno successivo a quello della loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale[9].

Le novità del D.L. 201/2011
A pochi mesi di distanza dall’ultimo Decreto è intervenuto l’art. 10, co. da 9 a 13 del D.L. 201/2011 (c.d. Decreto salva Italia o Manovra Monti) che ha apportato sostanziali e ulteriori modifiche agli studi di settore, prevedendo dei benefici per i soggetti che manifestano posizioni conformi ai dati risultanti dagli studi e delle penalizzazioni per quelli che, invece, risultano non congrui e/o non coerenti.
In particolare, per i contribuenti che dichiarano, anche per effetto di adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore è prevista: a) la preclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici, ex art. 39, co. 1, lett. d) del D.P.R. 600/1973 e art. 54, co. 2 del D.P.R. 633/1972; b) la riduzione di un anno dei termini ordinari di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, co. 1 del D.P.R. 600/1973 e dall’art. 57, co. 1 del D.P.R. 633/1972; c) la determinazione sintetica del reddito complessivo, di cui all’art. 38 del D.P.R. 600/1973, ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (diversamente da almeno un quinto, come previsto dal sesto comma dello stesso articolo).

Tali effetti benefici sono subordinati alla corretta compilazione del modello presentato con l’indicazione fedele di tutti i dati previsti, oltre alla coerenza con gli indicatori di normalità economica previsti per lo studio di settore applicato. Come diretta conseguenza della modifica normativa, i soggetti congrui e coerenti potranno essere destinatari solamente di accertamenti di tipo analitico o, eventualmente, di tipo induttivo puro, laddove dovesse verificarsi una delle condizioni previste dall’art. 39, co. 2 del D.P.R. 600/1973.

In linea con il nuovo assetto normativo, quindi, il comma 12 ha previsto l’abrogazione dell’art. 10, co. 4-bis della L. 146/1998, in materia di limitazioni alle attività di accertamento presuntivo per i soggetti congrui e coerenti (norma, peraltro, appena modificata dai precedenti D.L. 98/2011 e 138/2011), e il successivo art. 10-ter in tema di adesione agli inviti a comparire sulla base delle risultanze degli studi di settore. La C.M. 8/2012 ha chiarito, inoltre, che tali abrogazioni hanno effetto con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 e successive, confermando l’applicabilità della normativa previgente per le dichiarazioni relative all’annualità 2010 e precedenti.

Se, quindi, ante modifica gli accertamenti presuntivi sui contribuenti congrui e coerenti erano bloccati fino a determinati importi (€ 50.000 di attività non dichiarate con l’ulteriore limite del 40% rispetto ai ricavi dichiarati) e subordinati all’irrogabilità delle sanzioni per infedele dichiarazione e alla condizione di congruità e coerenza per due periodi d’imposta consecutivi, post modifica il blocco diventa assoluto e opera sulla singola annualità.

Con riferimento alle penalizzazioni il legislatore ha previsto controlli più rigidi per i soggetti che non risultano congrui e/o coerenti. Per i soggetti non congrui sono stati definiti specifici piani di controllo comprensivi delle informazioni relative alle operazioni finanziarie presenti nella sezione dell’Anagrafe tributaria mentre, per i soggetti non congrui e non coerenti, sono stati stabiliti particolari controlli che saranno svolti utilizzando, prioritariamente, i poteri riconosciuti agli Uffici per le indagini finanziarie (di cui all’art. 32, co. 1, numeri 6-bis e 7 del D.P.R. 600/1973 e all’art. 51, co. 2 del D.P.R. 633/1972).

Le novità del D.L. 16/2012
Il D.L. 16/2012 (c.d. Decreto sulle semplificazioni fiscali) è l’ultimo, in termini temporali e non di effetti, che è intervenuto a modificare la disciplina relativa agli studi di settore. Le modifiche impattano sia sui termini di integrazione degli studi di settore, che nei casi in cui è possibile procedere ad accertamento induttivo a fronte di irregolarità dichiarative.

Con riferimento al primo aspetto, la novità costituisce solamente una proroga del termine di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle integrazioni degli studi di settore (vale a dire correttivi anti-crisi e indicatori di normalità economica). Tale termine, per il periodo d’imposta 2011, è posticipato dal 31 marzo al 30 aprile.

Certamente più significativa è la modifica dell’art. 39, lett. d-ter) del D.P.R. 600/1973[10]. Tale norma già permetteva all’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accertamento induttivo nei confronti dei contribuenti che omettevano di presentare il modello degli studi di settore, lo presentavano con dati irregolari, o indicavano cause di esclusione o inapplicabilità non sussistenti. Nella precedente formulazione, però, la possibilità di eseguire tale tipologia di accertamento era subordinata all’irrogabilità della sanzione prevista dall’art. 1, co. 2-bis del D.Lgs. 471/1997, cioè la sanzione per infedele dichiarazione maggiorata del 10% rispetto alle misure minima e massima, qualora l’importo accertato fosse stato superiore al 10% di quanto dichiarato dal contribuente.

La novella normativa sostituisce interamente la precedente diposizione, stabilendo i nuovi casi in cui è possibile procedere a tale metodologia di accertamento: a) omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore; b) indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità non sussistenti; c) infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15%, o comunque ad € 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

Con tale intervento, quindi, da una parte è scomparso il riferimento dello scostamento del 10% tra il reddito accertabile e il reddito dichiarato, estendo la possibilità di procedere ad accertamento induttivo anche in caso di omessa presentazione del modello. Dall’altra, invece, sono cambiati i termini di confronto per procedere all’accertamento induttivo nel caso di infedele compilazione del modello degli studi di settore: si è passati dal riferimento al maggior reddito accertabile al riferimento ai maggiori ricavi/compensi, i quali rappresentano un indicatore in linea con la finalità di questo strumento presuntivo, finalizzato alla stima dei ricavi e non alla misurazione diretta del reddito.

Quanto alla decorrenza, l’art. 8, co. 5 precisa che il nuovo accertamento induttivo trova applicazione con riferimento agli accertamenti notificati a partire dal 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore del presente Decreto).

Con un’ultima considerazione si ricorda che questa nuova disposizione, così come quella precedente del D.L. 98/2011, produce effetti soltanto ai fini dell’imposizione diretta, in quanto risulta modificato l’art. 39 del D.P.R. 600/1973, ma non l’art. 55 del D.P.R. 633/1972. Tuttavia, con la C.M. 8/2012, l’Agenzia delle Entrate ha ammesso che gli uffici possono “verificare gli effetti ai fini IVA di una ricostruzione induttiva dei ricavi o dei compensi, alla luce della specifica attività esercitata dal contribuente” (in tal senso già disponeva peraltro la C.M. 41/2011).


[1] In realtà tale circolare chiarisce che le modifiche apportate dal D.L. 16/2012 saranno oggetto di un successivo documento di prassi.
[2] Viene, quindi, soppresso il seguente passaggio normativo dell’art. 10, co. 4-bis della L. 146/1998: “In caso di rettifica, nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”.
[3] La disposizione è stata prevista introducendo un ulteriore periodo all’art. 8, co. 1 del D.Lgs. 471/1997.
[4] La disposizione è stata prevista introducendo il co. 2-bis1 all’art. 1 del D.Lgs. 471/1997, il co. 4-ter all’art. 5 del D.Lgs. 471/1997 ed il co. 2-ter all’art. 32 del D.Lgs. 446/1997.
[5] Considerato che i nuovi commi richiamano rispettivamente il secondo periodo del comma 2-bis dell’art. 1 e del comma 4-bis dell’art. 5 del D.Lgs. 471/1997 e il secondo periodo del comma 2-bis dell’art. 32 del D.Lgs. 446/1997.
[6] Cfr. artt. 1, co. 2-bis e 5, co. 4-bis del D.Lgs. 471/1997 e art. 32, co. 2-bis del D.Lgs. 446/1997, introdotti dall’art. 1, co. da 25 a 27 della L. 296/2006. Tuttavia, come si vedrà in seguito con il commento alle novità del D.L. 16/2012, l’Ufficio può procedere all’accertamento induttivo, ex art. 39, co. 2, lett. d-ter) del D.P.R. 600/1973, se l’infedele dichiarazione dei dati comporta una differenza superiore al 15%, o comunque ad € 50.000, tra i ricavi o compensi determinati applicando gli studi corretti e quelli stimati sulla base di quanto dichiarato dal contribuente.
[7] La disposizione è stata prevista introducendo la lettera d-ter) nell’art. 39, co. 2 del DPR 600/1973. [8] La disposizione è stata prevista introducendo un nuovo periodo al termine dell’art. 10, co. 4-bis della L. 146/1998. [9] La disposizione è stata prevista integrando l’art. 1, co. 1-bis del D.P.R. 195/1999. [10] Norma introdotta dall’art. 23, co. 28, lett. c) del D.L. 98/2011.

a cura di: 

dott. Giacomo Disarò

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 7 anno 2012