La nuova normativa sanzionatoria connessa alla errata/mancata compilazione degli studi di settore

Temi e Contributi
20/12/2011

Con le “Manovre estive” (ci si riferisce al D.L. 6.7.2011, n. 98, conv. con modif. dalla L. 15.7.2011, n. 111 – Prima Manovra estiva e al D.L. 13.8.2011 n. 138, conv. Dalla L. 14.09.2011 n. 148 – Seconda Manovra estiva) il legislatore ha introdotto rilevanti novità sia nell'ambito degli studi di settore, sia in materia di reati fiscali, finalizzate all’inasprimento della “risposta repressiva” a comportamenti dichiarativi fraudolenti.

Si analizzano preliminarmente le novità introdotte dall'art. 23, co. 28, D.L. 6.7.2011, n. 98, conv. con modif. dalla L. 15.7.2011, n. 111, che si sostanziano:

  1. in un nuovo termine per la pubblicazione degli studi di settore nella Gazzetta Ufficiale, fissato ora al 31 dicembre di ogni anno solare (in precedenza era il 30 settembre); 
  2. nell'applicazione della sanzione "fissa" nella misura massima in caso di omessa presentazione del modello degli studi (Euro 2.065,83);
  3. nell'incremento delle sanzioni "variabili" (in relazione al reddito accertato) previste in caso di omessa presentazione del modello;
  4. nell'introduzione di una sanzione "impropria" costituita dalla sottoposizione ad accertamento induttivo "puro" ex art. 39, D.P.R. 29.9.1973, n.600;
  5. nell'abolizione dell'obbligo di motivazione (circa le ragioni che inducono i verificatori a disattendere le risultanze degli studi) per accertamenti su contribuenti congrui.

Su tali punti l'Amministrazione finanziaria è recentemente intervenuta con la C.M. 5.8.2011, n. 41/E che, al paragrafo 7, illustra le disposizioni citate.

Tralasciando l’esame della modifica delle regole di pubblicazione degli studi di settore (introdotte dalla lettera a) dell’art. 23 della norma in questione), passiamo all’esame del sistema sanzionatorio, che risulta fortemente inasprito.

Sanzione fissa per omessa presentazione del modello
La lettera b) del comma 8 dell’art. 23 della Prima Manovra estiva stabilisce che in caso di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore e sempre che il contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate formulato sulla base dei dati dallo stesso contribuente esposti nella relativa dichiarazione annuale, la sanzione prevista dal comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997 sia fissata al massimo importo consentito di euro 2.065,83.
L’irrogazione di tale sanzione in misura fissa massima prescinde dall’esito del calcolo dello studio di settore, poiché colpisce a monte la mancata presentazione del modello dello studio di settore. La circolare giustifica così l'applicazione della sanzione in misura massima: "(…) la mancata presentazione, da parte dei soggetti obbligati, dei modelli dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore produce effetti estremamente critici attesa l'indubbia rilevanza dei dati stessi nell'orientare le attività di controllo fiscale".
Ne discende che la disposizione è applicabile ai contribuenti effettivamente soggetti agli studi di settore e non a coloro che sono obbligati alla presentazione del modello a fini statistici, [1] i quali restano assoggettati alla sanzione fissa in misura ordinaria (da euro 258,23 a euro 2.065,83).

Va peraltro evidenziato che essendo previsto che gli Uffici competenti richiedano la presentazione di dichiarazione integrativa, la comminazione della sanzione nella misura massima prevista dalla nuova disposizione dovrebbe essere piuttosto remota, colpendo solo i contribuenti che, in spregio alle richieste formulate dall'Agenzia delle Entrate non si attivino in tal senso.

Inasprimento delle sanzioni Ires/irpef, Iva Irap per infedele dichiarazione
Le lettere e), f), g) del comma 8 dell’art. 23 della Prima Manovra estiva prevedono che se la mancata presentazione del modello studi di settore si accompagna alla presenza dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione (Ires/Irpef, Iva, Irap), l’omessa presentazione del modello studi di settore comporta l’aumento automatico del 50% delle sanzioni Ires/Irpef, Iva, Irap (ordinariamente vanno dal 100% al 200% della maggiore imposta o della differenza di credito).
Ciò significa che la sanzione per infedele dichiarazione è elevabile dal 150% al 300% della maggiore imposta, nel caso in cui il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore sia stato omesso, e sia stato riscontrato un incremento dell’imponibile accertato ai fini Ires/Irpef, Iva, Irap superiore al 10% dell’imponibile dichiarato, addebitabile alla corretta applicazione degli studi di settore, tanto in sede originaria quanto a seguito di invito dell'Agenzia.
Tale sanzione maggiorata si aggiunge a quella già prevista, pari al 10% delle sanzioni minime/massime sopra indicate, in ipotesi di omessa od infedele indicazione dei dati previsti nei modelli studi di settore, nonché in ipotesi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nel caso in cui il maggior reddito rettificato fosse risultato superiore del 10% rispetto al dichiarato.
Vale la pena precisare che le maggiori sanzioni introdotte dalla Prima Manovra estiva appena commentate attengono solo all'omessa presentazione del modello e non anche ad una infedele indicazione dei dati al suo interno, per il qual caso viene applicato "solo" l'incremento già esistente pari al 10%.

Accertamento induttivo automatico
La lettera c) del comma 8 dell’art.23 della Prima Manovra estiva, mediante l’aggiunta della nuova lettera d)-ter al comma 2 dell’art. 39 D.P.R. 600/73, ha introdotto la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di effettuare l’accertamento induttivo “puro”, nel caso in cui il contribuente dovesse omettere di presentare, nell'ambito della dichiarazione dei redditi, il modello relativo agli studi di settore, o riportasse in modo non corretto (per dirla come la legge, in modo "infedele") i dati all'interno di detto modello od ancora riportasse l'indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità non sussistenti.
L'applicazione di tale nuova disposizione è tuttavia subordinata alla condizione che il reddito accertabile con la corretta compilazione del modello degli studi di settore sia superiore al 10% del reddito dichiarato.
Si evidenzia la gravità di tale previsione: in sostanza l’Ufficio può disattendere, anche completamente, le scritture contabili nel caso in cui il contribuente indichi dei dati erronei nel modello studio di settore. Ciò a prescindere dal fatto che il contribuente abbia volutamente manipolato i dati al fine di raggiungere la congruità, oppure abbia in buona fede sbagliato l'inserimento dei dati, caso non infrequente, se si considera la difficoltà insita nella compilazione degli studi, resa a volte ancor più ostica da molteplci interpretazioni fornite d alle istruzioni ministeriali.     
In sostanza, in ipotesi di mancata o infedele compilazione del modello degli studi di settore, l’Ufficio è autorizzato all’utilizzo “automatico” delle risultanze degli studi di settore stessi, con sostanziale inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.
In questo modo l’Ufficio aggirerebbe le pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che hanno ribadito che gli studi di settore costituiscono presunzioni semplici, la cui gravità precisione e concordanza non è prevista dalla "legge", ma viene determinata in esito al contradditorio fra contribuente ed Ufficio.
Viene quindi consentito una sorta di utilizzo automatico dello studio di settore a prescindere dalle ulteriori prove che, in condizioni di applicazione "normale" dell'accertamento da studi, spetterebbero all'Ufficio, motivando l’accertamento solo sulla base dell'applicazione degli standards senza che venga completato l'iter motivazionale a suo carico.
Alcuni commentatori, pur condividendo l’obiettivo di contrasto a comportamenti finalizzati alla manipolazione dei dati degli studi di settore, ritengono che tale disposizione sia eccessivamente penalizzante e sproporzionata rispetto alla fattispecie.

Abolizione dell’obbligo di motivazione
La lettera d) del comma 8 dell’art. 23 della Prima Manovra estiva è infine intervenuta anche in materia di copertura da accertamento in ipotesi di congruità, abrogando la norma che prevedeva, a tutela dei contribuenti congrui, che se l’Ufficio effettuava l’accertamento induttivo in quanto l’ammontare dei ricavi o dei compensi non dichiarati superava il 40% di quelli dichiarati, doveva indicare nelle motivazioni le ragioni che lo inducevano a disattendere il risultato di congruità.
In sostanza si trattava di una sorta di affermazione del risultato dello studio di settore, che metteva al riparto da accertamenti induttivi il contribuente risultante congruo.
Con la manovra estiva, pur mantenendo la franchigia protettiva del limite del 40%, viene in pratica semplificata l’azione dell’Ufficio, che nei confronti di contribuenti congrui può fare ricorso a metodologie di determinazione del reddito diverse dagli studi di settore, senza dovere fornire motivazione alcuna.

Su questa disposizione il legislatore è successivamente intervenuto con  l’art. 2, comma 35 , D.L. 13.8.2011 n. 138 (Seconda Manovra estiva) che ha aggiunto un'ulteriore condizione per l'esclusione della possibilità da parte del Fisco di esperire gli accertamenti analitico-induttivi nei confronti dei contribuenti congrui e coerenti, prevedendo che tali soggetti, al fine di beneficiare dell'ombrello protettivo, siano stati "congrui alle risultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, anche in relazione al periodo di imposta precedente".

Per effetto della modifica, dunque, affinché sia attivabile lo scudo protettivo ad esempio, per il periodo d'imposta 2009 è necessario che il contribuente sia risultato congruo e coerente nel 2009 e congruo (pare non anche coerente) nel 2008.

Abbassamento delle soglie per i reati penali tributari
La legge di conversione della Seconda Manovra estiva (art. 2 comma 36 vecies semel) ha proceduto, nell’ambito del più generale intervento volto a contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale, a rimodulare alcune delle disposizioni penali in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto di cui al D. Lgs. n.74/2000.
In particolare, con riferimento al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art.3), è stata abbassata sia la soglia relativa all’entità dell’imposta evasa a euro 30.000,  sia quella riferita all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione che, se uguale o inferiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, deve essere superiore a euro 1.000.000.
Con riferimento al reato di dichiarazione infedele (art.4), è stata abbassata sia la soglia rappresentata dall’imposta evasa a euro 50.000, sia la soglia data dall’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione che, se uguale o inferiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, deve essere ora superiore a euro 2.000.000.
Infine, con riferimento al reato di omessa dichiarazione la soglia di punibilità costituita dall’imposta evasa è stata portata a euro 30.000.
L’abbassamento delle soglie rende molto più frequente il verificarsi dei relativi reati: si passa da fattispecie imputabili essenzialmente a grandi contribuenti a fattispecie di molto più larga applicazione.

Conclusioni
In conclusione si segnala l’importanza di porre particolare attenzione alla compilazione del modello degli studi di settore, la cui errata compilazione, al superamento di una soglia piuttosto bassa (reddito accertato superiore del 10% al reddito dichiarato), comporta conseguenze molto gravi sia sotto il profilo sanzionatorio che sotto il profilo accertativo.
La doppia combinazione tra le norme introdotte dalla Prima Manovra estiva e quelle relative ai reati penali tributari introdotti dalla Seconda Manovra estiva, legati alla presentazione di dichiarazione infedele (con dati erronei) o alla omessa  presentazione della dichiarazione, allarga la platea dei contribuenti a rischio penale.

La conseguenza più evidente è che, in molti casi, l'effetto sanzionatorio risulterà assolutamente sproporzionato rispetto al danno arrecato.


[1] Sono tenuti alla presentazione del modello, pur essendo nei loro confronti preclusa l’attività di accertamento basata sugli studi di settore, anche:
1. i contribuenti che determinano il reddito con criteri “forfetari”. I dati comunicati sono utilizzati per valutare se le caratteristiche strutturali dell’impresa sono coerenti con i ricavi o compensi dichiarati;
2. i contribuenti che dichiarano un volume di ricavi oppure compensi di ammontare superiore a euro 5.164.569, ma inferiore a euro 7.500.000. Le informazioni richieste sono utilizzate per la successiva fase di analisi per l’evoluzione degli studi di settore;
3. i contribuenti che rientrano nei casi di cessazione dell’attività, di liquidazione ordinaria oppure che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività. A tali contribuenti, ad eccezione delle ipotesi di liquidazione ordinaria o di liquidazione coatta amministrativa o fallimentare,  è richiesta la compilazione del modello studi di settore con l’indicazione, della motivazione che ha impedito lo svolgimento dell’attività economica in maniera regolare.

a cura di: 

dott.ssa Elena Nembrini

pubblicato su:

C&S Informa, volume 12, numero 9 anno 2011