La legislazione fiscale irlandese quale elemento di distorsione nella scelta allocativa d’impresa in ambito comunitario

Temi e Contributi
06/07/2006

Adam Starchild, uno dei magigori esperti e sostenitori dei paradisi fiscali, disse: "Home is where money is" (la Patria è dove tengo i soldi).

Una simile corrente di pensiero legittima la decisione di chiunque a scegliersi la propria "casa" con l'affitto più basso, e quindi a posizionare la propria attività produttiva nei Paesi con le aliquote impositive più convenienti.

E' inutile qui ricordare come, in realtà le Nazioni fiscalmente più evolute guardino con preoccupazione ad una simile tendenza, che sottrarrebbe base imponibile a favore di realtà economiche minori, ma fiscalmente attraenti. E, in tal caso, numerosi Stati si sono mossi, soprattutto negli ultimi anni, al fine di adottare strumenti atti ad evitare il trasferimento verso l'estero di insediamenti produttivi o, in senso opposto, a cercare di attirare, con regimi fiscali meno pressanti, investimenti stranieri.

I problemi sopra richiamati sono stati alla base di importanti discussioni in ambito internazionale, quali il Codice di condotta contenuto nel "pacchetto Monti" e la relazione OCSE (1): documenti questi che, pur avendo diverse finalità e coprendo diversi settori di attività economiche, sono accomunati dal medesimo orientamento in materia, ossia uniformare il Fisco dei Paesi membri ed eliminare ogni forma di concorrenza fiscale dannosa.

Si ritiene, pertanto, utile, prima di proseguire nell'analisi, riassumere brevemente i termini della questione, cosi come indicati nei documenti citati.

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a cura di:

dott. Gianfranco Peracin

dott. Alberto De Luca

pubblicato su:

Il Fisco, fasciclo 1, n. 26 2006