Beni concessi in godimento ai soci: la nuova fattispecie di reddito diverso

Temi e Contributi
12/12/2012

Nonostante l’Agenzia delle Entrate abbia, in più riprese, procastinato l’invio dei dati riferiti all’esercizio 2011 ora fissato in concomitanza con l’invio dei dati 2012 al 2 aprile 2013 (cadendo di giorno festivo il 31 marzo 2013), la nuova fattispecie reddituale prevista dall’art. 2 del D. L n. 138/2011, trova applicazione già con riferimento all’esercizio in corso con le relative conseguenze in capo all’utilizzatore e al percipiente. Nasce quindi l’esigenza di un’attenta valutazione dei singoli rapporti al fine di procedere, se del caso, all’espletamento delle necessarie procedure per l’acquisizione della documentazione e delle valutazioni volte a provare la regolarità dei rapporti instaurati con i propri soci e con i loro familiari.

L’articolo 2, commi 36-terdecies - 36-duodevicies, del D.L. n. 138 del 13 agosto 2011, convertito dalla L. n. 148 del 14 settembre 2011, (di seguito “Decreto”) ha introdotto una nuova fattispecie di reddito diverso in capo alle persone fisiche al fine di contrastare il fenomeno della concessione in godimento di beni relativi all’impresa a soci o familiari dell’imprenditore per fini privati.

Tale fattispecie si affianca alle ipotesi già normate inerenti l’autoconsumo familiare, l’assegnazione dei beni a soci, nonché la destinazione degli stessi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, nell’ambito delle quali il legislatore andava a monitorare la fuoriuscita di beni dal regime di impresa a favore dei soci. La nuova casistica è volta invece ad evidenziare le ipotesi di utilizzo “improprio” dei beni che rimangono nel circuito aziendale.

Al fine di monitorare il rispetto di tale normativa l’Agenzia delle Entrate, con Provvedimento del Direttore del 16 novembre 2011, n. 166485, ha previsto che “i soggetti che esercitano attività di impresa, sia in forma individuale che collettiva, comunicano i dati anagrafici dei soci - comprese le persone fisiche che direttamente o indirettamente detengono partecipazioni nell’impresa concedente - o dei familiari dell’imprenditore che hanno ricevuto in godimento beni dell'impresa …” a decorrere dai rapporti esistenti al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore della norma).

Ambito soggettivo
L’articolo 2, comma 36-terdecies, del Decreto dispone che la “differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore” costituisce reddito diverso da tassare in capo al soggetto utilizzatore del bene.

Congiuntamente, in capo all’azienda, il comma 36-quaterdecies stabilisce che “I costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile”.

La norma trova applicazione esclusivamente in capo agli utilizzatori che beneficiano dei beni relativi all’impresa nella propria sfera privata e quindi come precisato dalla C.M. n. 24/E/2012 trattasi dei: 

  • soci, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, di società e di enti privati di tipo associativo residenti che svolgono attività commerciale;
  • familiari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, dell’imprenditore individuale residente nel territorio dello Stato;
  • soggetto residente e non residente (cfr. articolo 23, comma 1, lettera f) che nella sfera privata utilizza in godimento beni della sua impresa commerciale residente nel territorio dello Stato;
  • familiari, residenti o non residenti nel territorio dello Stato, dei soggetti elencati in precedenza. I familiari dell’imprenditore e dei soci vanno individuati, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR, pertanto, sono tali “ il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado”.

Al fine di evitare comportamenti elusivi, la norma si applica anche ai soci o loro familiari che ricevono in godimento beni da società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile a quella partecipata dai medesimi soci.
Dal lato del concedente, la problematica si pone ove si tratti di imprenditori individuali, società di persone, società di capitali, società cooperative, stabili organizzazioni di società non residenti, enti privati di tipo associativo limitatamente ai beni relativi alla sfera commerciale, con esclusione delle “società semplici” in quanto soggetti che non svolgono attività d’impresa.

Ambito oggettivo
I beni dell’impresa interessati dalla norma sono i beni strumentali, i beni-merce e gli immobili-patrimonio. Mentre in presenza di società deve farsi riferimento a tutti i beni ad esse appartenenti per l’imprenditore individuale, si considerano relativi all’impresa, i beni indicati nell’inventario ai sensi dell’art. 65 del TUIR, mentre per le società di fatto assumono, rilevanza i beni-merce e i beni strumentali, compresi quelli iscritti in pubblici registri a nome dei soci ed utilizzati esclusivamente come strumentali per l’esercizio dell’impresa.

E’ stato precisato che sono compresi tutti i beni di cui l’impresa ha conseguito la disponibilità, posseduti in proprietà o in base ad un diritto reale ovvero detenuti in locazione, anche finanziaria, noleggiati o ricevuti in comodato.

Sono invece esclusi dalla norma in commento:

  • i beni rientranti nella categoria “altro” del tracciato record, contenuto nell’allegato tecnico al provvedimento, con un valore non superiore a tremila euro al netto dell’imposta sul valore aggiunto applicata;
  • i beni di società e di enti privati di tipo associativo che svolgono attività commerciale, residenti o non residenti, concessi in godimento a enti non commerciali soci che utilizzano gli stessi beni per fini esclusivamente istituzionali.
  • gli alloggi delle società cooperative edilizie di abitazione a proprietà indivisa concessi ai propri soci, atteso che lo scopo mutualistico di tali cooperative consiste proprio nell’assegnare in godimento ai soci le abitazioni a condizioni migliori di quelle del libero mercato.

Nonostante non si trovi traccia di tale richiesta nel dettato normativo, l’Agenzia delle Entrate ha inserito nel Provvedimento del 16 novembre 2011, come poi meglio precisato nelle successive circolari emanate a commento, l’obbligo di indicare anche i finanziamenti ed i versamenti effettuati o ricevuti dai soci, per l'intero ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni risultino strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci. In particolare vanno comunicate le operazioni concretizzatesi nel periodo d’imposta 2011 e in sede di prima applicazione, vanno altresì comunicati i finanziamenti ed i versamenti che, pur realizzati in precedenti periodi d’imposta, risultano ancora in essere nel periodo d’imposta in corso al 17 settembre 2011.

Determinazione del reddito diverso
L’art. 67, comma 1, lettera h-ter), del TUIR, nella vigente stesura, prevede quindi come nuova fattispecie di reddito diverso la “differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore”. La suddetta differenza, ai sensi del comma 36-quinquiesdecies del decreto “(...) concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore (...)”..

Per “valore di mercato” del diritto di godimento deve intendersi il valore determinato ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 del TUIR, ovvero il “(…) prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi; …..per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore”.

Per individuare il valore normale deve quindi farsi riferimento a criteri oggettivi rappresentati da specifici provvedimenti per i beni i cui prezzi sono soggetti ad una disciplina legale oppure al prezzo normalmente praticato dal fornitore o, in mancanza, a quello desunto dai tariffari redatti da organismi istituzionali oppure dalle mercuriali contenenti valori modali determinati da Enti di Ricerca, Società Immobiliari di grandi dimensioni, Istituti Bancari, ecc., sulla base di esperienze di mercato di cui sono in possesso per l’attività che loro stessi svolgono, per i beni forniti in condizioni di libero mercato.

Nell’impossibilità di applicare i suddetti criteri, l’Agenzia ammette che il valore di mercato da confrontare con il corrispettivo pattuito possa risultare da apposita perizia che descriva in maniera esaustiva il bene oggetto del diritto di godimento motivando il valore attribuito al diritto stesso.

Dopo aver inizialmente precisato con la C.M. n. 24/E/2012 che per esigenze di certezza e di documentabilità si ritiene necessario che il corrispettivo annuo e le altre condizioni contrattuali risultino da apposita certificazione scritta di data certa, antecedente alla data di inizio dell’utilizzazione del bene, con la successiva C.M. n. 36/E/2012 l’Agenzia, nel ribadire l’importanza di predisporre la documentazione come sopra indicato, per evitare il rischio di arbitraggi fiscali, sulla base di scelte di convenienza economica dell’ultimo momento, ammette che il contribuente possa diversamente dimostrare quali sono gli elementi essenziali dell’accordo.

La norma trova applicazione sia nel caso in cui il bene venga concesso in godimento per l’intero anno sia solo per una frazione dell’anno, con la necessità, nel secondo caso, di rapportare il valore di mercato annuo del diritto di godimento al corrispettivo pattuito o pagato per il periodo di godimento.

A differenza delle altre tipologie di reddito previste dall’articolo 67 del TUIR, che seguono il principio di cassa, questa nuova fattispecie è tassata in base alla maturazione.

Indeducibilità dei costi
Come già sopra evidenziato il comma 36-quaterdecies del Decreto ha sancito l’indeducibilità “in ogni caso”, in capo all’impresa commerciale concedente, di tutti i costi relativi ai beni concessi in godimento. Più correttamente i costi indeducibili sono calcolati applicando ai costi relativi al bene concesso in godimento, la percentuale derivante dal rapporto tra la differenza di cui sopra e il valore di mercato del diritto di godimento e rapportato al periodo di godimento.

Pertanto, per l’impresa saranno indeducibili non solo i costi sostenuti per l’acquisto dei beni concessi in godimento, ma anche le eventuali altre spese e componenti negativi relativi agli stessi beni quali, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, le spese di gestione e tutte le altre spese ad essi relative ed in particolar modo i costi specificamente imputabili al bene.

Tale indeducibilità trova tuttavia una deroga in tutti i casi in cui siano concessi in godimento beni per i quali il testo unico delle imposte sui redditi prevede già una limitazione alla deducibilità (ad es. gli autoveicoli di cui all’art. 164 del TUIR).

Si precisa che le limitazioni alla deducibilità delle quote di ammortamento relative ai beni in godimento introdotte con la disciplina in esame, comportano che gli stessi devono considerarsi relativi all’impresa nella corrispondente limitata misura pertanto, anche le eventuali plusvalenze e minusvalenze patrimoniali derivanti dalla cessione a terzi rilevano ai fini fiscali allo stesso modo.

Particolare attenzione deve essere posta nel caso in cui il bene venga concesso in godimento ai soci o loro familiari da una società di persone oppure da una società a responsabilità limitata che abbia optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi dell’art. 116 del TUIR.
In questo caso il maggior reddito della società derivante dall’indeducibilità dei costi andrà imputato esclusivamente ai soci utilizzatori (anche nell’ipotesi in cui il bene sia utilizzato dai loro familiari).

In queste ipotesi, inoltre, come pure in presenza di un imprenditore individuale, al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione sulla base del medesimo presupposto impositivo che, in base ai principi generali dell’ordinamento tributario italiano, deve essere evitato, va applicato un particolare conteggio.

Trattasi infatti dei casi in cui la tassazione di un maggior reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale o attribuito al socio per trasparenza, corrisponde all’indeducibilità in capo al concedente dei costi del bene dato in godimento, con la concomitante tassazione di un reddito diverso determinato ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera h-ter) del TUIR.

Al fine di evitare tale fenomeno il reddito diverso da assoggettare a tassazione in capo all’utilizzatore deve essere ridotto del maggior reddito d’impresa imputato allo stesso utilizzatore (imprenditore individuale o socio tassato per trasparenza) a causa dell’indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento che ha generato il reddito diverso.

Il reddito diverso da assoggettare a tassazione va, quindi, determinato confrontando la differenza tra il valore normale del diritto di godimento del bene e il corrispettivo pagato, con il reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale o la quota parte del reddito attribuito al socio per trasparenza corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione. Solo l’eventuale eccedenza tra detta differenza e il predetto reddito o quota parte di reddito sarà assoggettata a tassazione come reddito diverso.

I beni concessi in godimento che costituiscono fringe benefit
La norma non trova applicazione quando il soggetto utilizzatore sia al contempo dipendente della società o dell’impresa individuale, ovvero, sia lavoratore autonomo, in quanto, in queste ipotesi l’utilizzatore è assoggettato alla disciplina di tassazione prevista dagli articoli 51 e 54 del TUIR.
Nella C.M. n. 25/E/2012 l’Agenzia ha infatti precisato che la concessione in uso dell’autovettura ad amministratore/socio che sia anche dipendente della società, configurando un fringe benefit, non rientra nell’ambito applicativo dell’articolo 67, comma 1, lettera h-ter, e resta assoggettato alla specifica disciplina fiscale di cui all’ articolo 51 del TUIR.

Entrata in vigore
Le disposizioni contenute nella norma in commento si applicano, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, a decorrere dal periodo d’imposta 2012. Per i soggetti aventi esercizio non coincidente con l’anno solare, le suddette disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge.

In base a quanto disposto dal citato comma 36-duodevicies, inoltre, sia il soggetto concedente che il soggetto utilizzatore dovranno calcolare gli acconti medesimi assumendo quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni in esame.

Considerazioni
Questo provvedimento si inserisce nell’ambito di un processo di mappatura delle posizioni dei singoli contribuenti, avviato già dal 2007, con l’implementazione sempre più evidente degli invii all’Anagrafe Tributaria che oggi raccoglie i dati finanziari, i dati delle locazioni, dei leasing, dei noleggi, delle utenze, dei contratti dei telefonici, ecc. al fine di far emergere, in maniera pressoché automatica, le effettive disponibilità dei singoli soggetti e le incongruenze con le posizioni reddituali dichiarate. L’obiettivo è far cadere tutti i filtri societari creati nel corso del tempo e che non trovano motivo di essere nell’attuale contesto economico, rendendo palesi le effettive potenzialità dei singoli soggetti con l’obiettivo di poter effettivamente applicare il principio cardine della capacità contributiva sui cui si base il nostro sistema tributario. 

a cura di: 

dott.ssa Fabiola Mietto

pubblicato su:

C&S Informa, volume 13, numero 7 anno 2012